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Visualizzazione dei post da ottobre, 2015

Così è la mia vita

Amo le stagioni di mezzo, indecise se fare un passo avanti o indietro, sfocate, e così è la mia vita che -  per buona sorte, già da quando ero bambino - non riesco a leggere limpida, sennò la capirei troppo e non potrebbe sorprendermi; pure è un romanzo, a volerla scrivere. Certe vite - forse la mia tra queste - sono più narrabili di altre, sembra abbiano un teatro di posa assegnato: autunni e primavere, e dentro ai primi ricadute di sole e alle seconde  temporali, così che a ogni malinconia si sposa una prospettiva di gioia e a qualsiasi felicità un'accettabile ansia. Niente estati e inverni, piuttosto: foschie, che sono più belle da raccontare dei giorni nitidi; per cui cammino cauto ma risoluto verso dove devo. Verso dove devo è un sistema di gioco per la vita più che un traguardo, e iddio sa quanto faccia fatica a considerare la vita un passatempo. Mi ci impegno però, con buoni risultati e fallimenti in cui rinnego il proposito e a giorni storti trovo tutto spregevole, tutto

Halloween

La mia vista si è abbassata da quando leggevo qualsiasi libro scritto in piccolo, tipo quelli degli anni Ottanta, 100 pagine 1000 lire , chi se li scorda? -  ne ho una caterva, incolonnati per genere. Scoprii in quel modo certi classici dell'orrore - Le Fanu, Lovecraft, Bierce, le storie spettrali di Capuana, Lauria e Tarchetti - che altrimenti mi sarei perso, e sarebbe stato un peccato. Specie da quei racconti di streghe ho capito che amavo farmi spaventare - ce l'avevo dentro di me quel sentimento, come tutti i sentimenti; avevo solo bisogno che i libri me ne facessero accorgere. E che amavo leggere quei racconti in un guscio adatto: dopo il tramonto, col vento a fischiare chioccio, ai riverberi di luce del camino, una coperta sulle ginocchia, solo in casa, porta sprangata e termosifoni spenti. Il freddo ricrea le condizioni di un tempo nelle fattorie avvicinate di lupi, le gemme di legna che scoppiano e il profumo della quercia che brucia, la resina che cola sulla brace, fr

Gli scrittori siciliani

Ettore Majorana scomparve come farei carte false per scomparire anch'io, senza cadavere e funerale, e dopo che lo presunsero morto continuò probabilmente a vivere in qualche parte del mondo. Benché sappia di fisica quanto uno zero mi avvince la vita solitaria ma zeppa di persone appena scostate, mai troppo familiari, di questo catanese che risparmiava parole perché forse temeva che ognuno ne abbia una certa quantità e non oltre, e alla fine della riserva si muore. Mi conforta la sua timida scontrosità, la sovrappongo alla mia e umilmente ne ricavo la stessa coerenza - fatte le proporzioni tra i suoi problemi e i miei. Uscì dalla leggenda dei ragazzi di via Panisperna quando fu certo che tutta quella scienza avrebbe fatto disastri incalcolabili a priori; ne ebbe presagio allorché un bambino bruciò vivo dentro una culla e nel misfatto furono coinvolti certi suoi parenti. Lo racconta Sciascia, con quella scrittura tipica dei siciliani, in perfetto italiano ma a porger dritto l'o

Far tesoro

Se fossimo fatti di legno e ferro non avremmo di che scrivere perché scrivere è memoria e la memoria è carne e sangue. Ne discende il dolore, da questo piccolo ragionamento, e la sua indispensabilità. Perché è lui il sentimento più stanziale mentre tutti son nomadi: un giorno ci stanno, l'altro no. La sofferenza tempera le matite, e a me ha sempre divertito scrivere a matita su un foglio, possibilmente senza righe, per il gusto di andare storto. Più a matita che a penna, perché mi piace il colore d'autunno che spande a rivoletti sul bianco, mi piace lo struscìo, la punta che s'accorcia, s'acumina, la gomma da mordere all'altro capo. Scrivo sul computer per pigrizia e per condivisione: racconto alla svelta e racconto di più, ma di matite ne ho per farci una guerra; l'ultima, comprata a Recanati. Cerco di essere grato al dolore, quindi, e non è cosa facile. Ma il dolore scava trincee di memoria che tornano come segni di una guerra che hai prima p

Consapevolezza

Sono stato alla presentazione del libro "Chi comanda Terni", di Claudio Lattanzi​; di norma compro "Il Fatto Quotidiano", uno dei pochi giornali italiani che riesco a leggere senza vomitare. La chiamo consapevolezza. È un percorso che richiede tempo e coerenza. E scelte, perché non pretendo di aver capito perfettamente torti e ragioni e perché ogni scelta ne esclude delle altre, magari non proprio disprezzabili. Il mondo è un posto di infinite varietà di grigio, non di bianchi e neri, di foschie più che di sole pieno. Ma l'intuito, la ragione, la morale, mi suggeriscono che ciò che mi raccontano Lattanzi e Travaglio - e alcuni altri cui concedo fiducia critica - è quanto di più simile alla verità si possa ascoltare. Lattanzi parla di un grumo di potere che a Terni gestisce, col permesso della maggioranza cieca dei cittadini, la politica e l'economia per conto e a vantaggio di Perugia. E parla, tra altre criticità, delle Acciaierie, ai cui proprietari tede

Cinema etico

Ai semafori si incolonnano macchine nervose, guidate da persone instabili, che ogni mattina accettano l'eventualità di uccidere o essere uccise per un sorpasso, una freccia non messa. Lavorando a singhiozzo, due minuti prima del verde e poi restando fermi finché non torna il rosso, inservienti del circo fanno distribuzione -  tra i finestrini - di biglietti per lo spettacolo  pomeridiano, e concorrenza ai lavatori di parabrezza. Statisticamente si litiga nel traffico tutti i giorni, talora in modo meno veemente, e conta se abbiamo affondato il colpo con soddisfazione o siamo andati in bianco, se la Champions è stata un allegria o ci hanno sbattuti fuori. Se ci va l'acqua per l'orto perdoniamo tutti, facciamo passare la signora imbecille che attraversa due metri distante dalle strisce pedonali, e le sorridiamo, appena compatendola per il cane in braccio. Ci ritroviamo alla sera in quelle spaventose adunate che chiamano apericene o ai gran galà di maleficenza , dove la mogli

L'amante

Quando mi sveglio così, con lei che mi bacia, abbraccia e vuole avermi tutto per sé, non c'è verso di dissuaderla. Mi tocca dappertutto, mi sfinisce, non riesco a mandarla via e non so quando è arrivata. Magari alle quattro, che sono andato in cucina a bere; magari era lì, acquattata sotto la stampa di Corto Maltese: mi si è buttata addosso come una coperta e io non me ne sono accorto. Forse ho inteso una specie di tepore, deve avermi fatto perfino piacere, perché stanotte ha piovuto e dalla finestra aperta entrava Ottobre, finalmente convinto. Poi stamattina era sveglia prima di me, anzi forse mi ha guardato dormire e ha pensato bene di restare ancora un po'. Lo sa che è inopportuna, ma non gliene importa; arriva a dare il cambio a sua sorella, che è il suo contrario: frivola e salterina quanto lei è costante, si congeda solo quando le va, ed è più tenace di qualunque obiezione. Si trattiene specialmente quando non ha motivi per farlo, stinge i colori, fa tutto grigio e intor

Il disprezzo degli artisti

Stagioni che la vita mi piazza davanti e mi convince ad abitare traverso una porta socchiusa di là dalla quale c'è odore di rinascenza: una di loro stava stamattina sul fondale del mio terrazzo, mentre mi rallegravo per la prima lavatrice che sono riuscito a fare dopo che per anni ho portato le mutande da mia madre. In radio - un'ora più in là -  ho letto Sciascia, l'incipit de Il giorno della civetta . Mi piace questa abitudine - contraria al parlume dei deejay dementi - di leggere pezzi di letteratura a chi non conosco, specie se immagino che mi ascoltino dopo cena, a pensieri scacciati e luci basse, sulla poltrona più comoda, una copertaccia sulle gambe. I buoni libri proteggono dal buio fuori, sì, fino a tirarlo dalla tua parte, fino a che non diventa indispensabile alla bellezza delle tue sere. E allora li racconto, basta che taluni in certe case rasserenate ospitino la mia voce da un altoparlante. Dirò di più: sto guardando la prima stagione di Les Revenants : perch