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Visualizzazione dei post da aprile, 2022

L'impresa

Arriva un'altra notte, è un vizio che non si vuol togliere, pagherei una fortuna per vivere in uno di quei posti dove hanno sei mesi ininterrotti di luce. La bandiera che sventola sul terrazzo è l'unico rumore che c'è, il mondo è il comizio di un muto. Arriva la notte e arriva la paura: che il respiro si secchi prima dell'alba, che l'incubo più scaltro mi convinca della sua realtà, e non valga la pena tornare indietro. Da ragazzino ero convinto che se dormivo il mondo smetteva di esistere, lo smontavano come fosse un circo perché aveva senso solo in relazione a me. Ora che sono grande (e meno egocentrico) quel sospetto s'è tuttavia rafforzato, il metallo da incandescente s'è fatto inerte. Così sottraggo più ore che posso al sonno, perché lo spettacolo non finisca tanto presto. E in quel tempo rubato ripasso la mia vita, l'amore che ho intorno, le persone rimaste e quelle che ho perso - che quando le ho perse è stato spesso per colpa mia. E poi metto in f

Un soldo e una scarpa sfondata

So di non averla inventata io, la nostalgia a breve termine, ma mi piace pensarlo. Parlo della nostalgia che si prova per la brigata che c'era ieri al ristorante, per il film del pomeriggio, l'amore occasionale della sera e la casa allegramente in disordine stamattina. Mi riferisco a quella nostalgia che vale un soldo e una scarpa sfondata, che non ha velleità da romanzo eppure è orgogliosa e presente, ospite che non viene mai a noia. Basta che mi volti e lei è ancora qui, anzi è uscita un istante ma sta per tornare, e ha lasciato la sua idea di giorno perfetto conficcata nella memoria. Non confondetela con la nostalgia della giovinezza, del primo amore, della casa al mare di quando c'erano i vostri genitori e l'affittavate per un mese intero. No, quella è la nostalgia possente, la spina dorsale delle vite dei sognatori che sognano a rovescio - rivolti al passato anziché al futuro. Questa che dico è una nostalgia low cost, cotta e mangiata, che mica viene sempre per ogn

L'amore mio

Vorrei scrivere d'amore ogni giorno; vorrei scrivere una storia d'amore, metterci un anno e meravigliare tutti, ma non sono capace: ogni volta che comincio a scrivere d'amore poi il discorso prende una strada tutta sua, un viottolo lacustre, un sentiero di brughiera. Probabilmente non so nulla dell'amore di cui son fatti certi romanzi, che pure vanno per la maggiore. So qualcosa, al contrario, dell'amore intermittente, che quando è spento sembra non sia mai neanche cominciato ma quando è acceso vale per tutti i libri nel quale è nominato invano, e ce n'è d'avanzo. Questo è, l'amore mio: terrestre, incespicante, un giorno on e uno off ma devoto, e guai a chi me lo tocca. E dato che siamo entrati nel discorso, mi preme specificare che la forma più evoluta d'amore l'ho conosciuta una volta sola, per il tramite di una coppia che incontrammo al mare, eccentrica e assai poco borghese. Avevano - moglie e marito - una decina d'anni più di noi, string

La riconquista

Mi mancava, andare a un concerto. E mi mancava non solo per il concerto in sé ma per il suo contorno, il prima e il dopo, tutta la bellezza dei gesti di preparazione e l'emotività dei commenti a caldo. Andare a un concerto è un fatto culturale che avevo - avevamo -  dimenticato. Così quello dell'otto aprile è stato il live più formidabile della mia vita: Roberto Vecchioni ad Assisi. Iniziò tutto mesi fa, sarà stato gennaio. In un negozio di dischi ho scelto i posti con cura, ho pagato con la carta di credito, ho infilato i biglietti in un portadocumenti e una volta a casa li ho messi via, attento a ricordarmi dove, col sospetto che la vita stesse ricominciando a marciare. Questa cosa somiglia alla libertà ritrovata  - devo aver pensato, e venerdì, quando ci siamo messi in viaggio, è stato come se gli anni della peste fossero solo un romanzo: una volta che chiudi il libro puoi tornare alla realtà. Bello è stato fare la E45 mentre scendeva la sera, mangiare una cosa al volo in u

Il disordine

Allora ragazza, facciamo il punto della situazione, vuoi? Per cominciare: che ne pensi di come ho gestito la mia vita da quando sei andata via? Che te ne pare di tutte le case che ho comprato e venduto, degli anelli che porto, del modo in cui pratico il mestiere di padre? Perché, sai, ogni tanto è una domanda che rintocca: che ne direbbe mia moglie di questo gran casino? Guarda quanto sono girovago, come sono inquieto. E la musica? Ti piace la musica che metto? Il volume è troppo alto, ti dà fastidio, lo so, abbi pazienza. È che certe volte il silenzio è un esercito nemico: sembra voglia entrarmi in casa, disporre della mia dispensa, acquartierarsi in salotto, bruciarmi i libri. E allora mi difendo, lo rintrono di canzoni. Guarda i miei giorni, che schizzati che sono. La mattina sembro ancora un ragazzo: invento, immagino, sogno, racconto, e son tutti verbi che si sposano co l mio lavoro. Il pomeriggio invece è memoria inquieta, non solo degli anni ma anche dei giorni: mi manca il Duem

La meraviglia del mondo

A pochi minuti da casa mia, in una terra di mezzo che si chiama Tre Ponti, c'è un emporio gigante dove vendono di tutto, dai fermagli colorati alle astronavi. Ci faccio un salto quando mi piglia un istinto di superfluità, e anche se non mi serve niente esco sempre con una shopper satolla, e qualche quattrino in meno. Ieri per esempio, all'una e venti, mentre la gente normale scolava gli spaghetti, io me la spassavo leggero e incosciente tra le corsie debordanti, e ovunque era un Ooh di meraviglia, una pesca infantile. Ho trovato dei ganci per gli strofinacci a forma di muso di gatto che fanno l'allegria, una targhetta ovale color pastello, da appendere fuori della porta, su cui c'è scritto Casa d'artisti , e un secchio verde per l'immondizia col coperchio a bocca di rana. Pensate che li abbia lasciati dov'erano? Il bello di posti come questo è che mi sfiniscono e sfinendomi rimandano la tristezza a domani. Faccio su e giù per i reparti cento volte, m'in