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Visualizzazione dei post da agosto, 2019

Trieste

A stagioni uguali corrispondono desideri somiglianti, pressappoco. Così, appena s'annuncia l'autunno mi viene voglia di vedere Trieste. Non ci sono ancora andato però, e il rimando ogni volta è misterioso e buffo. Un anno è perché abbiam già fatto le vacanze; un altro dipende dalla scuola, che inizia prima; un altro ancora la tentazione è troppo superficiale per sostenere il viaggio. Ho pensato che se la racconto senza averla mai vista, quella città di frontiera, qualcosa magari si smuove. Leggevo il Canzoniere di Saba, la prima volta che mi venne il ghiribizzo di partire. Stavo in via Franceschi Ferrucci, nello studio del dottor Marcello Cicogna ad aspettare il mio turno, ed era naturalmente ottobre. M'imbattei in quella frase che definisce Trieste un ragazzaccio aspro e vorace - tale io mi sentivo allora, e mi ci riconobbi. E poi in quella che ne rivela -  contraddittorio - il carattere di scontrosa grazia : allo stesso modo io vedevo Narni, burbera solo agli occhi d

Amori ritrovati

Ho dato la caccia a un coleottero, ieri mattina, nella stanza di Itieli destinata ai libri; aveva zampe lunghe e dorso peloso, somigliava a una mia lontana parente, innominabile. Alla fine si è arrampicato con dispetto sulla costa di certi romanzi di cui ho letto nove, dieci pagine, e poi ho lasciato al tempo e alla muffa, e all'appetenza degli ospiti che arrivano in collina senza letture appresso. Con la mano indispettita e il panno mangia polvere l'ho scacciato, e quello è volato oltre la finestra, indovinando la traiettoria millimetrica tra lo spigolo del muro e il battente socchiuso, e poi è impazzito di felicità nel cielo. Nel trambusto, quei romanzi per lettrici astinenti son caduti a faccia avanti, rivelando una fila di altri dorsi, dietro, di cui non avevo memoria, ingialliti e stretti. Chissà chi sistemò questo plotoncino di boiate davanti a Elsa Morante e a Silone; e soprattutto: chissà chi le comprò, chi le ricevette in regalo e da chi. Sono abbastanza certo che per

Un quarto di secolo

Devo essermi addormentato profondo, ieri sera: avevo bevuto, e la sfrontatezza di certe amiche - l'assenza di gelosia nel gioco che inventammo - han fatto leggero il tempo, e cancellato i sogni. Venti dopo mezzanotte siam crollati, io e loro due, nel campo di battaglia della stanza, e perciò era già il quattordici: il quattordici di agosto del novantasei. Stamattina non c'erano - non le ho sentite andar via - e la stanza era tutta diversa, e tutta diversa la casa, e fuori tutto un altro mondo: un giardino, un orto stento, - io che abito un quarto piano senza ascensore - condòmini differenti, e perfino i miei vestiti là in terra non ricordo di averli mai comprati. Ho messo il naso fuori e mi hanno salutato, come mi conoscessero, e mi han detto che la mia macchina aveva una gomma sgonfia. Quando ho chiesto Qual è? han pensato che fossi matto. Non ho mai avuto una macchina del genere. Sono rientrato e la televisione - una tv piatta, bruttissima, che si regge dritta per mirac

A favore di vento

Di tutti gli ospiti che vengono e vanno per questa radura sbilenca, che entrano e escono da quegli usci gracchianti, l'unico che non tradisce mai la parola data è lui, il vento. Se lo sentiste come uggiola quando scorta l'autunno e il suo armamentario di giornate corte, foglie arse, malinconie inspiegate e sentori di burrasca. E come sussurra se deve asciugarti i capelli, che agosto è appena al principio; e come scuote le finestre se lasci a corrente, quando ti fa sobbalzare e chiedere allarmato Chi è? Chi è entrato? Non è nessuno, non è mai nessuno, eppure ci speri che un'anima migrabonda ti si sia introdotta in casa, e chieda udienza, perché la ragione degli uomini è troppo elementare per far contenti i narratori. Io il vento l'ho bevuto ovunque, ovunque dissetandomi. C'era - dolce come un vino leggero - su quel promontorio greco ad aspettare una donna che aveva perso la strada; in quella città di Puglia magnifica e avvelenata, nei ventotto giorni da soldato; n