Passa ai contenuti principali

Post

Visualizzazione dei post da marzo, 2022

Ora e allora

Che cosa non è successo da quando vivo in questa casa? Che cosa potrà ancora succedere? Le cose si son sommate alle cose, le stagioni han ballato a passo di Giava, e con loro ho ballato anch'io, solitario e ostinato come Pepe Carvalho sotto la pioggia di Barcellona. Tu non esisti, tu non sei niente, non hai potere , le ho gridato di notte, quando era ancora fatiscente e già più nessuno a parte lei poteva sentirmi. Sì, forse i vicini, ma poi mi son scusato regalando loro i miei libri, a Natale. Qui la solitudine ha in effetti sembianze da romanzo, è tutta da scrivere. E se faccio tanto di ricordare quant'era affollata la mia vita altrove, il ricordo è una sedia elettrica difettosa: mi strazia senza uccidermi. Sono sicuro che un giorno di quarant'anni fa ho alzato gli occhi dalla strada e ho visto questa finestra dietro la quale ora mi nascondo, e ho scorto uno che si nascondeva, e ho pensato Chi sarà mai quel vecchio? Sembra stanco, sembra sconfitto, si è messo di tre quart

Chiuso per tutto

Senza avvisarlo, vado a trovare un amico che - mi ricordo - aveva un negozio di rigatteria a Todi. Ci comprai alcune cosucce carine, eccentriche come lui: un samovar e una lampada giapponese, forse nel 2010. Non lo sento e non lo vedo da quattro o cinque anni, si era innamorato di un mio romanzetto, mi scrisse, ci conoscemmo, andai a presentarlo nella sua bottega: sparse tra un becco di Bunsen e una balalaika, nel festoso casino che c'era, vennero più di quaranta persone. Insomma, piglio su e salto in macchina, copro in scioltezza i 48 chilometri che separano Narni da Todi e una volta a destinazione parcheggio alla base di quella dannata città verticale, e m'arrampico. A metà mulattiera ho già il fiato corto, faccio una sosta, bevo una gazzosa in un bar di ubriaconi e mi guardano tutti male. Riparto, la coda tra le gambe. L'antro del mio amico sta proprio in cima, in una viuzza dietro il palazzo del Capitano, dove vidi una mostra di foto di Cartier-Bresson il giorno prima d

Le due rivali

Non sono ancora riuscito a capire, alla mia bella età, perché la scuola abbia così paura del divertimento. Della parola, che - fateci caso - in classe non si pronuncia quasi mai, e del concetto, che è combattuto con tutte le armi possibili: il grigiore, il tedio, l'ostinazione a fare le cose sempre allo stesso modo. Ho lottato contro questa triste pedagogia come ho potuto, con le mie poche forze, giocando in classe a far sembrare tutto come dovrebbe essere: leggero, perché solo con la leggerezza, che asseconda la natura umana, si arriva ad afferrare le idee più inabissate. Credo di aver capito anche un'altra cosa, nei miei anni in cattedra, e cioè che il professore amplia la conoscenza della propria materia insegnandola. Mi è capitato spesso, giuro. E ogni volta che - raccontando la poetica di uno scrittore, le contraddizioni di un periodo storico - ho intuito nel dialogo con la classe un superamento del limite, uno sconfinamento delle mie competenze, sono stato felice di aver