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Visualizzazione dei post da marzo, 2021

Guarda chi si vede

Oggi ho guardato i miei peccati. Erano tutti in casa, come per una rimpatriata, e ho potuto contarli, ricordare il gusto che provai a commetterli, e il lieve senso di colpa che seguì a ognuno di loro. Hanno tutti un aspetto differente, non ce n'è uno uguale all'altro: il primo è alto e beffardo; un altro piccolino e pingue; un terzo secco come un ramo d'inverno. Li amo tutti, li porto nel cuore, non dovrei ma è così. Ho combattuto le tentazioni che li hanno provocati, ma poco, mi sono lasciato convincere facilmente: quel che promettevano era sempre troppo dolce per non soccombere. E i pentimenti erano appunto leggeri, e recavano in dono una deplorevole euforia che mi spingeva a ignorarli e a continuare il vizio. Che poi: il vizio. Non ho fatto politica, non ho diretto un'azienda - che male posso aver mai compiuto? Ho giocato il destino, quello sì, che mi suggeriva una quiete di vivere insopportata, vagamente funebre. Così di tanto in tanto ho viaggiato fino ai confini d

L'indugio

L'attimo che passa tra l'ultima finzione dell'attore e l'inchino al pubblico, tra la fine della commedia e il ritorno alla realtà, è un attimo pericoloso. In quell'intercapedine di tempo può infilarsi il sospetto che non valga la pena smettere i panni di scena e che il mondo sia meno attraente della sua rappresentazione. Lì l'artista resterebbe in bilico, ancora sul palco ma già col desiderio del camerino, della cena notturna e dell'albergo scalcinato e se indugiasse ancora finirebbe per non riconoscersi più, non sarebbe alternativamente vita e commedia ma per sempre un impasto delle due cose insieme, un mostruoso innesto. Ci ho pensato, qualche volta, a quell'attimo di impasse dei teatranti, e l'ho ritrovato, in tutta modestia, nella mia vita vagabonda, che divaga tra le colline della giovinezza - quelle attorno a Narni - e gli infiniti ritorni nei luoghi che ama - Tarquinia e le sue trattorie sulla spiaggia, per esempio - e che inevitabilmente sono

Un sogno

Ho un euro soltanto. Posso avere un fiore con un euro soltanto? Il signore del mio sogno di stanotte sembra quasi scusarsi, pronuncia quelle parole a voce stenta, guardando in basso. La fioraia del cimitero si avvicina, sorride e gli indica le gerbere. Ce ne sono di tutti i colori - rosse, gialle, verdoline - e lui ne sceglie una arancio con il bordo bianco che sembra lo abbiano disegnato sopra con un pastello Giotto. Paga il suo obolo, ringrazia timido e si avvia cantando sottovoce una canzone antica verso l'ingresso, varca il cancello di ferro e s'addentra allegro tra le sepolture a campo. Io faccio lo stesso. Compro una gerbera identica alla sua - per combinazione anch'io ho soltanto un euro in tasca - e gli vado dietro, inzaccherandomi gli stivali. Ha piovuto, nella notte, e il terreno è fangoso e smosso, come ci fossero buche di talpe. Il cielo è tutto grigio, a tratti scuro. L'uomo arriva davanti alla tomba di mio padre e curiosamente si ferma. Mi nascondo dietro

Il gesto di una donna

Fra tutte le tenerezze che mi han regalato, di tutte le meraviglie cui ho assistito, ce n'è una più incantevole di altre, più incancellabile. È il gesto delle donne innamorate - che raramente fanno quelle d'avventura. È il gesto soave che nessun uomo può ricambiare, né eguagliare in stupore: qualunque moina maschile è un surrogato, si arrende a quella perfezione. Forse ha a che fare con la mia infanzia, che fece a meno della stessa lusinga e ne conservò intatto il desiderio per il Francesco di adesso, che lo connotò di erotismo, complicazione evitabile e magnifica. La cosa straordinaria è la gratuità. Le donne che decidono di compierlo non chiedono nulla in cambio, nel momento in cui lo compiono capisci che han fiducia in te, che ti credono degno di riceverlo, perché è la cosa che più le smaschera amanti e le trasforma, per qualche attimo, in madri. A me è capitato - spesso d'improvviso - con il cuore che mi batteva a mille, su un divano, in una casa di campagna, in macchin

Guarda meglio

Improvvisamente stamattina mi son trovato per le mani un'ora piena di vuoto e non sapevo come spenderla. Non sono abituato, mi spaventano le ore così: cave, come la terra nelle teorie stravaganti di qualche sciroccato. Dalle undici a mezzogiorno avevo tempo per fare quello che mi pareva. Addirittura: quello che mi piaceva. E dopo una sorridente, fatua, sensazione di leggerezza, è appunto arrivata la paura. Paura che non ci fosse nulla che mi piacesse fare, in quella parentesi. Paura che non ci fosse più nulla che mi piacesse fare neanche al di fuori di lei. Ho camminato per stancarmi, dal centro città fino alla stazione, dove nell'atrio c'è un'edicola che copre tutta una parete, e ha fumetti di tutte le specie, e i gialli di Ellery Queen, e i volumi del Castoro Cinema: una babilonia dove potrei perdermi e una volta perso ritrovare il filo di quello che amo. La saracinesca era abbassata come una palpebra al sonno, e sopra ci avevano disegnato facce che sembravano sugge

Combattenti

A dispetto del figlio di puttana che la costringe a girare in maschera, la gente continua a baciarsi, e voglio sperare che i baci ai tempi del colera siano perfino più saporiti, e desiderati, e inaspettati, come le emozioni che esplodono alla vita quando credi sia - ormai e senza scampo - sotto anestesia. Per esempio: due ragazzi si sono fermati sotto il mio lampione, tre sere fa, hanno spento la macchina e avevano tutta l'aria di volersi amare. Ho sorriso e chiuso la finestra, che l'avevo aperta per fare due tiri, e ho augurato loro tutte le sacre oscenità cui ho ceduto anch'io, in tempi remoti e recenti, e che sono la parte più spettacolare della vita. Che continua, e non molla un centimetro alla disperazione, e se la strada s'innalza come un'onda s'arrampica con le mani, e cerca l'alba oltre la notte, in vetta, lassù. Lo stesso fa la donna che tutti i giorni copre il medesimo tragitto dentro il parco dei Martiri Partigiani, e a ogni giro concluso lascia u

Dalla parte del paradiso

Il dieci dicembre del 2020 scendo le scale di una clinica privata cittadina e arrivo in un seminterrato per fare un'ecografia addominale. In quel momento non lo so ancora ma ho appena varcato le porte dell'inferno. L'ecografista mi riconosce dalla voce: mi ascolta spesso in radio. Poi mi sdraia sul lettino, mi spalma il gel e comincia a pattinare sulla mia pancia. Alla fine dell'esame mi suggerisce una risonanza magnetica con mezzo di contrasto. C'è una zona del pancreas che risulta più grigia, merita approfondimento - dice. Gli chiedo che significa una zona più grigia e lui resta sul vago: Faccia la risonanza, per escludere qualunque dubbio. Per qualsiasi cosa sono qui . Guido fino a casa in stato confusionale. Comincio a cercare in rete cos'è la zona ipoecogena che è scritta nel referto. Trovo subito cancro pancreatico. Non posso cedere alla disperazione, devo avere un altro parere. Passo tuttavia quattro giorni di angoscia mascherata. Il quattordici dicembre