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Visualizzazione dei post da marzo, 2018

Le intoccabili

Per restare in tema, un altro verbo che mi piace è portare , perché lo posso usare sia per dire ricevere che per dire recare . Ha questa dote bifronte, è ingresso e uscita, una specie di palindromo, nel significato e non nella forma. Mi hai portato fortuna e Portale i miei saluti sono frasi che ho scambiato spesso coi convenevoli di chi ho amato, e a parte questo hanno entrambe - dentro - quel verbo gentile, trasformista, che si adatta alle esigenze di chi ha care le sfumature di senso. Ecco, è a loro, alle parole, che dovremmo affezionarci; certo di più che ai nostri ideali, che si sgretolano a ogni colpo di vento, impallidiscono, tanto che distinguere la verità, nelle cose, è il vero eroismo degli uomini. Sono arrivato a un'età in cui mi è difficile entusiasmarmi: per la politica, lo sport, la comunicazione. Intuisco spesso un interesse, in queste faccende, un tornaconto. Non ho l'animo del soldato di dio: non credo alla chiesa, non credo che chi se lo merita finirà comun

Vita da gourmet

Ho mangiato una bontà in tanti posti del mondo, trovando appetitosa anche la marea di cipolle nella minestra in un ristorantino sugli Champs Elysées, che aprile cominciava, la mia giovinezza gli era grata, la sera allagava le botteghe di fiori, le piazze della rivoluzione brulicavano di ragazze e io ero felice. O il goulash intinto nel sugo denso in quel pentimento di dio che è Budapest spiata dal Bastione dei Pescatori, dalle cui terrazze il Danubio sembra davvero un serpente domestico, come dicono in una certa canzone che da ragazzo m'innamorava. Pentimento di dio - beninteso - per via che sono sicuro che lui si rammarichi di averci dotati di morte, con tutte le cose pazzesche che meriteremmo di guardare, almeno una volta nella vita. Ed erano una delizia anche le palle di Mozart, a Salisburgo, morse con le dita inzaccherate nelle strade sonanti - come tutto nobilmente suona in quella città - e cercate poi - una volta divorate le prime - in cioccolaterie asburgiche, sotto lo s

Fotografie

Io sono convinto che le scatole di scarpe lo sanno, che finiranno per essere riempite di fotografie. Fin da quando Rita mi ci portava, nella calzoleria di Orsi, sulla curva davanti alla rampa del cinema, e se la faceva dare - la scatola - nonostante io le avessi già ai piedi - le scarpe nuove - e uscissi con quelle, rifinito come un signorino, beh, fin da allora lei - leggera di cartone ma non sciocca, orgogliosa, anzi - lo sapeva. E anche Rita, sennò l'avrebbe lasciata lì. Prima però - con me marmocchio seduto davanti, su uno sgabello - Orsi infilava il calzante nella conchiglia e capiva se il mio tallone faceva agio; poi col pollice acciaccava la punta, per sentire se i miei alluci toccavano. Se toccavano voleva dire che erano corte, le scarpe, e prendeva il numero più grande, con un gran teatro di gesti e sproloqui da imbonitore. Oggi lo rivedo in certi appioppacroste televisivi, che ti rifilano una porcheria per quindicimila euro convincendoti che hai fatto l'affare de

Ecco la mia vita

L'avverbio completamente si addice al mare, perché lì - completamente - io riesco a staccarmi dalla schiena le sanguisughe dei pensieri mortali e festeggio una costante primavera. Eppure laggiù, al confine della terra, completamente è anche un'impotenza: non so compiacermi per intero della bellezza, ne salta agli occhi una parte, talora, una miniatura, così che mi snuvolo delle ansie ma non so farmi intridere da tutta la perfezione. Vivo per cui il paradosso di essere incompleto in un posto dove tutto è ottimo e abbondante, come per antonomasia il vitto nelle caserme. Oggi passavano i pescherecci - due - molto più in qua dell'orizzonte, e mi dicono vada per la maggiore il turismo pescatore, di quelli che ci vanno sopra e gettano le lenze, tra Civitavecchia e Santa Marinella, e poi cucinano le prede a bordo, e se non tiri su niente resti a digiuno. Così impari. Nella pancia di Tarquinia, un po' scostati dalla spiaggia, stanno angoli come pezzi di memoria che mi è im

Malatissimo me

Forse davvero gli artisti fanno una vita laterale, tutta sghemba, e non si raccapezzano nella quotidianità, e non è presunzione: al contrario, una debolezza. Per quanto mi riguarda trovo senso solo in certe canzoni e nella memoria - che mi restituisce i morti ancora vivi, e me li rimette davanti corpo e voce, così che non sono mai andati via sul serio; in certi film e in certi libri, che mi danno asfissia per quanto mi premono il petto; e in certi posti dove il mio passo è abituato meglio che in altri, mai visti, e inerti. Non credo alle cose artificiali - la politica, specie - ma agli uomini, senza etichette, se mai un giorno vincessero l'egoismo nelle sue forme più spregiudicate. Già una mutazione è in atto, lo vedo, in alcuni di noi: i migliori. Sospetto che Gino Strada - per dire - sia avanti di qualche passo, anche lui discosto, come un avido testimone di giustizie, e se fosse per me è a lui che affiderei il governo, senza elezioni, senza niente, e gli direi Scegli altra gent