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Visualizzazione dei post da febbraio, 2021

Rockstar

Io canto l'assenza, canto il distacco, canto lo iato e la disperazione, canto quel che mi manca e quel che ho mancato, il lamento e la persa occasione. Canto quel che è sommerso, il treno che è passato e il binario morto, e canto il torto, l'offesa irrisolta, e l'occasione non colta. Canto l'attimo che resta, il gatto che ha una vita sola, più del riscatto la sòla, e talora - se mi va - canto la vanagloria. Canto le donne degli altri, l'amore spezzato, la donna di altri che era la mia, canto il tormento, lo smadonnamento, la sregolatezza priva di genio, e poi l'insulto, e l'agonia. Canto quando nessuno sente, quando nessuno guarda, canto cento volte la stessa canzone che impietosisca, canto perché nessuno capisca. Canto le promesse dei marinai, l'amante infingardo, lo sguardo non ricambiato, il saluto senza salvezza, il vuoto e la tristezza. Canto la sconfitta e la canto con parole incomprensibili, risibili, canto il deliquio, il delirio, il liquore che

Presente

C'è una luce naturale in certe case affacciate sul mare della California che dev'essere la luce del paradiso. Non ne conosco una più commovente, più ospitale, eppure non l'ho mai veduta dal vivo ma solo per la mediazione benedetta del cinema, maledetto lui. Allora blocco certi fotogrammi col fermo immagine e me li rimiro estasiato, e tento di capire come posso produrre lo stesso effetto con le parole, così da poter lasciare di stucco i miei quarantasette devoti lettori. Sembra facile. Perché quella luce, vedete, rimbalza dal cielo alla spiaggia, dalla spiaggia ai vetri, e da lì agli stereo anni Ottanta e ai tinelli, alle poltrone di vimini e ai giardini cintati, e tinge, e dilaga, e tutto assume un colore perfetto, crepuscolare. Partiamo allora, amor mio, partiamo: non vedi che siamo partiti già? Ecco dunque come vorrei fosse il mio presente: eterno e paradossale. Vivrei ripetendo tutti i santi giorni gli stessi gesti - fare il bagno nell'oceano, suonare il pianoforte -

Una piuma sul cuore

Ecco che arriva aprile, lo riconosco dai singhiozzi di febbraio, che vorrebbe trattenere il freddo mentre il sole dilaga e ci fa spogliare, e attorcigliare ai gomiti le maniche delle camicie. Ecco l'inverno che piange, perché pochi lo amano e pur chi l'ama dopo un po' lo tradisce con una tentazione d'agosto. E alla fine ecco io, che in questa città chiusa da troppe colline m'ingolosisco di mare, perché una passeggiata sulla sabbia fredda, una cena in un ristorante con le lanterne di carta appese al soffitto, sono un gesto e una tenerezza cui non so rinunciare. Lasciate che ve ne parli. Appena tutto diventa scuro - nel tempo che ci mette il cameriere a servirmi i tagliolini al salmone  - le onde fino ad allora mute fanno quel mugugnìo d'abisso che atterrisce. A patto di essere solo, che se un'amica mi ha accompagnato la paura sfiora e va, non siede a tavola con noi, capisce che è di troppo e prende la strada sua. Lì comincia il corteggiamento, una serie di pa

Via Cardoli

Ho camminato la città dal basso all'alto - da dove abito adesso fino alla sommità - sperando di incontrare la primavera. Magari camuffata, se le fosse venuto l'estro di andare in avanscoperta un mese prima della reggenza. Di norma, l'inverno s'imburberisce con niente: se l'avesse riconosciuta avrebbe fatto di un gesto innocente un caso, e avrebbero finito per bisticciare. Ho incrociato ragazze che le somigliavano, per come immagino che possa apparir persona, ma non era lei: tenevano gli occhi bassi e andavano di fretta, serie serie. La primavera sorride, invece. Lo sapeva anche Gino, cinquant'anni fa, mentre passavamo sotto la stessa porta medievale, dalle pietre pesanti: io marmocchio, lui nonno senza cerimonie. Sapeva che la primavera a Narni arriva di soppiatto, e se non ci stai attento ti accoltella il cuore: si traveste, è una maschera di carnevale, si confonde nelle feste in piazza, e poi una volta che esci per la strada - al primo pomeriggio - te la trovi

Vabbè

E se a casa non ci tornassi più? Se uscissi dalla radio e cominciassi a girare per la città finché le scarpe non prendono fuoco e le gambe m'implorano Siediti ? Quante mattine son tentato di farlo! Ma poi, niente: compro il pane, un etto di bresaola, un limone da strizzarci sopra e rientro nei ranghi. Andare via, far perdere le mie tracce, è una tentazione ancora spuntata, e invece avrebbe bisogno di un temperamatite d'acciaio. Vabbè. Però girellare per il centro, cogli occhi delle botteghe uno aperto e uno no come tante facce con l'orzaiolo, e poi tagliare il decumano fino a raggiungere la periferia, il passaggio a livello, il deposito dei treni merci, mi allontana dal ritorno e mi avvicina alle nostalgie. Qui in gioventù ne ho seminate e avrei giurato che qualche piantina ne spuntasse, e invece a parte le erbacce di rotaia non c'è niente. Più avanti, addosso al cavalcavia, il marciapiede s'inarca, fa una groppa. Lassù in cima han sistemato due panchine di ferro, l

L'alternativo

E una sera mentre nell'orto scosceso di una casa di villeggiatura innaffiavamo le piantine di pomidoro Pietro mi disse a bruciapelo Cerca di capire chi vuoi essere, più che stabilire cosa vuoi fare . Rimasi lì sciocco col tubo che singhiozzava acqua di cisterna mentre lui cambiava discorso a tradimento - faceva così, quando diceva una cosa importante: la imballava dentro altre parole di gommapiuma, per mantenerla intatta, come fosse un vaso di cristallo. Poi credo che lo facesse anche perché non dessi troppo credito a quel che diceva: secondo lui erano buoni consigli ma stimava il relativismo un'ottima unità di misura anche nei rapporti padre/figlio. Così prese a dire di quanto le buche per i cavolfiori dovessero essere profonde e che le ferie, per quell'anno, le avremmo fatte a settembre, Tanto tu la scuola l'hai finita e l'università prima di novembre non comincia . Ci ho ripensato stamattina, a quel suggerimento, mentre compravo le uova biologiche con l'idea

Oasi

Il giorno più bello della mia vita non è stato un giorno: è stata una sera. Una di quelle sere che puoi tirarle da tutte le parti, puoi aggrapparti ai bordi e dondolarti ma la pellicola non si stacca e la notte non scende, non c'e verso. Quella volta che dico, il chiarore ci rimase attorno fino alle undici, mezzanotte, come cadesse da un pianeta luminoso e rimbalzasse sul mare, per dilagarci poi nei capelli, negli occhi, nella felicità. Sì, il mare. Eravamo in Puglia, al colmo di una di quelle terrazze ristorante che gravano sulla spiaggia e sembra che da un momento all'altro debbano crollare, con te sopra che inforchi gli spaghetti alle vongole. Viaggiavamo in cinque: tre donne e due uomini. Parlo di un po' di tempo fa: più che adulti eravamo ragazzi. Solo all'apparenza spaiati: stabilimmo che non esistevano rapporti fissi, gelosie e altre controindicazioni umane all'amore libero, e ci appartammo a coppie più di qualche volta, scambiandoci le dame come in una danza