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Visualizzazione dei post da giugno, 2017

Senza Gastone non si entra

Nel 1978 andai in Sicilia con Pietro, Rita, Mauro e Gastone. Avevo undici anni e avevano appena ammazzato Aldo Moro. So che laggiù per la prima volta mi innamorai sul serio: gridava certi colori, quella terra, che non credevo esistessero, come se dio avesse pestato tubetti di tempera e dal cielo fossero colati lenti e regali sopra Siracusa, e le zolfatare, e le pianure accecanti, il mare greco, e le notti frivole di Taormina. E intrecciava come gerle certi suoni che poi ho scoperto essere voci di un dialetto maestoso. Lì ho cominciato ad amare le parole e a capire che chiamare una stessa cosa con nomi diversi è il segreto per intendersi meglio, tra popoli, e uno dei fondamenti della fraternità. Se ci detestiamo è perché non ci capiamo, allora, nonostante le invenzioni, che hanno moltiplicato i canali ma non migliorato la comunicazione. Ma a parte questo, quel viaggio fu una scoperta, davvero, e di tanto in tanto ci torno, con questa diligenza scombinata dei ricordi che mi ritrovo, e r

Godiamoci lo spettacolo

E se parlassimo di cinema? E se parlassimo dei miei gusti strambi e dissennati in fatto di attori? Che diavolo di scrittore sarei se avessi un debole per quelli per cui tutti ce l'hanno? No, invece. Ci pensavo ieri sera, nella pancia di una domenica di collina stanca e snuvolata, che m'era preso l'estro di catalogare i dvd, ordinarli per devozione. Spolverarli, perfino. E ho fatto a mente - così, per puro gesto infantile - una classifica di facce, quelle che erano giovani quand'ero ragazzino e che sono invecchiate o morte ora che invecchio pure io. Gli attori che guardo più volentieri sono quelli che mi paiono parenti, tanto che non mi stupirei di vedermeli camminare per casa, aprire il frigo in cerca di una coca, così che quando alcuni di loro muoiono è come se fosse morto un cugino. Ma quando muore un attore soffro di più. Ho fatto le eliminatorie: ottavi, quarti di finale. In semifinale sono arrivati - tautologicamente - in quattro. Americani: tre ancora vivi, benché

Leggera

Del mare mi piace che mi manca, quando ne sono lontano. E mi mancano le stagioni che rievoca, e le scritture che - spavaldo - ha congiurato ai miei danni e alla mia fortuna. Non c'è nessun mare futuro che mi piaccia più di quelli passati, perché ogni volta io al mare ci torno , mica ci vado : è un viaggio all'indietro, un ringiovanire. Torno sui contrafforti del tempo, calpesto l'asfalto di via delle Ancore -  dove Gastone parcheggiava la Volkswagen - e sbircio di là dal cancello la facciata chiusa. È tutto morto, come sembra, eppure in me sussulta e grida, suona le canzoni dei vent'anni e accende le luci blu del luna park. Di questo lieto tormento amo l'arrivare e il ripartire, sistemare i panni leggeri negli armadi da poco, proporre un giro di perlustrazione sulla spiaggia - prima di cena e dopo aver fatto l'amore. Chiedere in reception il numero del nostro ombrellone e ogni volta, per tutta la settimana,  sbagliarsi, non ricordarlo, non ritrovarlo e passar

Le nostalgie

Vorrei arrampicarmi su una Meteora - dove stanno quei monasteri greci costruiti sulle falesie, tra le nuvole - e da lì guardare la vita che rimpiccolita - sotto - dilaga. Ci si arriva solo in cesti come da bucato, legati a una corda e a un argano, e lassù non ci sono donne. Così, senza distrazioni, potrei ricominciare a domandarmi il perché di certe cose. E avrei attorno il silenzio necessario - universale - per ascoltare le risposte. Più di una settimana non resisterei, per via che non sono abbastanza puro per contentarmi dell'essenziale. Tuttavia. Tuttavia metterei a fuoco - può darsi - i motivi della mia scrittura, questa tensione che mi istiga a strizzare parole per farne uscire storie decenti; e darei una spiegazione agli addii, al tempo che non si ferma. Perché una cosa è legata all'altra, mi ci gioco la testa, e non avrei nulla da raccontare né commetterei il peccato di farlo se non avessi piaghe che stentano a cauterizzare. La balorda tristezza, la malinconia, ci affin

Troppo umani

Aspettava che Elio gli desse il permesso, guaendo rispettosamente per l'impazienza. Il padrone lo guardava ciglioso, lui abbassava gli occhi e la coda, mortificato. Poi l'uomo diceva Ti va proprio? E allora va bene!  e il cane si avventava contro il pezzo di cono appena sporco di nocciola che io gli avevo messo accanto, e se lo sgranocchiava tutto felice. Succedeva sul palco di un'estate antica - al tempo dei miei tredici anni - che giocavo a innamorarmi d'un amore esatto , l'unico casto della mia vita. L'uomo era un severo signore dalla barba medievale - e infatti sfilava fiero dentro al corteo storico con l'elmo in mano, e la cotta di ferro, - bello come un attore, scapolo, smadonnatore seriale, integro nonostante si vociferasse puttaniere, taciturnissimo - e appunto parlava solo per imprecare, che io ricordi. Se all'epoca Clint Eastwood fosse stato già vecchio, avrei detto che erano due gocce d'acqua, e forse davvero ora lui è Clint,

Un gesto di libertà

Per fare la rivoluzione bisogna essere in tanti, ma il bello delle rivoluzioni serie è che ognuno dei tanti vale uno, e vota, e decide al pari degli altri. Così succede da qualche tempo in editoria, campo nel quale una buona parte dei libri pubblicati non hanno mercato, non vendono e quindi non li legge nessuno. Per il semplice fatto che i lettori - nell'editoria tradizionale -  arrivano alla fine della filiera produttiva. Quindi sono clienti la cui opinione, i cui gusti, sono influenzati più che rispettati. Il che scoraggia una bella schiera di appassionati veri. Ho pubblicato in questo modo per anni, e ho pur avuto le mie soddisfazioni, come molti amici sanno. A un certo punto mi sono posto però il problema della mutazione, ho avvertito la necessità di cambiar pelle. Soprattutto da lettore, prima che da scrittore. Mi sono accorto che mi sarebbe piaciuto poter sbirciare i libri prima che venissero pubblicati, leggerne un paio di capitoli, e decidere se dar loro fiducia oppure no.