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Visualizzazione dei post da febbraio, 2018

Palasport

C'è quel confine tra sonno e risveglio su cui ogni tanto mio malgrado mi ritrovo, tipo stanotte alle quattro - che forse ho aperto gli occhi sul serio, forse li ho aperti in un sogno - e ho intuito davanti a me un volto senza corpo, come una persona seduta sul letto col vestito nero, invisibile al buio. Ha insistito a star lì a mezz'aria, un palloncino, fino a che ho acceso la luce e ha fatto puf . Era una ragazza, o un fanciullo, eri tu ragazza o ero io bambino, e se eri tu vuol dire che mi sei accanto più di quanto - a intermittenza - riesca a sperare. Se al contrario ero io, c'è una parte di me che non mi abbandona, e si manifesta a suo gusto, e si assicura che il suo se stesso adulto non combini guai. Non sia troppo triste, per dirne una, non si adagi nella malinconia fino a trovarla una stanza comoda, come uno che esca con una tipa brutta e se la faccia piacere. Quando mi alzo e vado a far pipì poi per riaddormentarsi ce ne vuole. E nella testa parte una canzone, sempr

Storytelling

Mi piace dare vita ai verbi con un gesto; tra tutti uno: ribaltare. Mi arrampico su per l'etimologia e scopro che deriva da alto o altare, da qualcosa che comunque sta più su di me e che devo provare a mettere sotto. Ribaltare il senso elementare delle cose può essere una sfida; vincerla una soddisfazione. Così, mentre mi ingegno a capire meglio che ribalta - ecco, appunto - calca la mia vita dopo che l'ho capovolta, che nuovi attori l'affollano, provo a smontare i luoghi comuni che mi paiono fallati, come i divani nuovi a sconto. Uno è quello sulla memoria, che non sarebbe capiente abbastanza per contenere tutto, e farmi ricordare ogni giorno che vivo. Beh, vi dirò: da che faccio questo mestiere di istigatore di scritture ho capito che la memoria ci fa, mica c'è. Nel senso che trattiene solo quel che le piace trattenere - il resto lo espelle - e se ne vanta. E l'ho capito perché ogni giorno la spremo per vedere che succo ne esce, e ogni volta è il succo di un&#

Risarcimenti

Proprio là dentro, tra le intercapedini di quell'anno che non ricordo più quale fosse ma doveva essere l'Ottanta, il tempo imprigionato è incosciente di tutto l'avvenire. La fotografia assieme al tempo cattura un gesto, un sorriso, e quel gesto e quel sorriso non invecchiano, sono tratti in salvo, si sono risparmiati lo scempio che è venuto poi. Io là dentro, nella neve, sono al riparo da tutto e non so il latino, non ho idea che saremmo diventati - contro ogni logica - campioni del mondo, non ti penso perché non ti ho incontrata, non mi sono mai svegliato alle tre di notte credendo di soffocare, non ho ancora scoperto che la lingua posso usarla sopra qualcosa di più saporito di un cono gelato. Sono integro, non conosco le canzoni che verranno, non ho visto Giannutri, non ho visto l'Ungheria - la sua steppa che sembra un purgatorio piatto - non ho parlato diecimila ore in radio, non ho vomitato l'anima per quel virus intestinale, non ho lasciato gli occhi aperti,

Trecento anni

Pensavo che sarebbe formidabile se campassimo trecento anni, e non soltanto settanta o ottanta: è una di quelle scemenze che mi assaltano il cervello, mentre tento di prendere sonno, o sul Venerdì leggo di Matusalemme e per associazione di idee la cretinata arriva. Da narratore trasmuto la scempiaggine in immaginazione e vedo di farla fruttare. Cerco cioè di capire se può farmi vantare ancora un poco della mia scrittura davanti a te - che stai dentro casa mia, in questo momento, e ti ho invitato io con l'esca di un titolo attraente, ma non sei convinto di andare avanti perché temi che possa di nuovo parlarti di mia moglie morta, o delle mie memorie malinconiche e che la cosa prenda una piega triste. Ti rassicuro: stavolta no. Fa ridere anzi l'idea che si possa campare tanto, non credi? E così - sempre insonne, o in bagno, dove si legge meglio che su qualunque trono - cerco conseguenze ragionevoli a questa stramberia. Tanto per cominciare temo che andremmo in pensione a duecen

Ecco tutto

Viaggio tratte brevi, rilassate, partendo col sole alto e tornando a mio comodo, raramente a notte. Specie d'inverno, battezzo un tragitto e gli dedico la domenica, a patto che non ci sia calcio serio in tv: nel caso rimando, o anticipo. Se è di sabato, colgo l'insofferenza di chi lavora ancora, e aspetta l'indomani per fare lo stesso, ché si accorge che vado per diporto; se è lunedì, l'invidia e i malauguri di chi già ha rinnovato la fatica, come Sisifo, e mi giudica sfaccendato o milionario. Non sono per buona sorte né l'una cosa né l'altra: è che faccio un mestiere in cui mi aggiusto i giorni a piacimento, li riempio e li svuoto secondo necessità, tanto che capovolgo spesso pure il senso della festa in dieci ore al chiodo. Aggiungo che quasi ovunque vado mi piace andare, con una predilezione per i posti piccoli, invicolati , colle case di pietra antica, le corti dei palazzi incatenate a un'ombra perenne, i ristorantini che aprono gli occhi sulle piazze s

Carter e Khomeynī

Camminare è un gesto che faccio da solo -  preferibilmente - e di mattina che è ancora notte, e a portata di mare; già mi capitò a Siracusa, una volta che cercavo una dolceria aperta e comprai attirato dal profumo due cannoli, per consolarle il cancro, e mentre tornavo m'accorsi che l'odore di pastafrolla cotta m'aveva invaso la giacca, come fa un diavolo coll'anima. Più di recente ho camminato Tarquinia, altro mare, e le sue case sfitte, che era inverno e faceva caldo, per una contraddizione letteraria che mi è piaciuto raccontare. Così, da quel pesce in guazzetto sulla spiaggia tiepida, dal vino in soccorso alla digestione, è nata una di quelle fatue ostinazioni che chiamano romanzi. Ci ho messo del mio, sia chiaro: in termini di incoscienza, strafottente leggerezza, antimodernità. Ma è venuto bene, e davvero ora state per leggerlo - beninteso, se ne avete il desiderio. Di questi tempi camminare era poi fantastico a Narni, poiché facevano un Carnevale che diceva la t