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Gli allegri fantasmi

Ecco un'altra estate che s'acquartiera sulle rovine della gioventù, sugli amori tenuti in vita con ostinazione, sulla nostra solitudine di numeri non primi cui tocca però lo stesso destino. Ecco il tempo delle stanze vuote che non credevo di dover più vivere, ecco i ricordi che s'imbrancano come ragazzi sulla spiaggia, il primo giorno di vacanza. Ecco mio padre che in certe sere afose come queste mi propone un pezzo di strada assieme, una divagazione prima di cena, per me il regalo più ambito. Arriviamo alla fine del marciapiede, dopo la curva della Memoria, e lì mi mette in guardia sul tempo sprecato a stare da soli, che adesso lo so, ha zanne e artigli. Ma ha discrete controindicazioni anche la convivenza se non hai le spalle larghe, e allora non saprei cosa sia peggio. Ecco tutta la gente che ho attorno che piano piano va via, esce di scena, saluta se fa in tempo, altrimenti non regala niente e non ricordi nemmeno qual è stato l'ultimo discorso, se compiuto o lasciat
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Non amo più

Certi giorni neanche le canzoni, neanche i libri che mi hanno ucciso, possono niente: la tristezza imperversa. Dentro a quei giorni sono vinto, non mi viene nessun desiderio, nessuna tentazione, devo solo aspettare che passino o che un'amica mi chiami per una rimpatriata priva di complicazioni sentimentali. Sono i giorni in cui resto fermo, non cucino, non canto, leggo tantissimo e invecchio più lentamente. Sembra così che la tristezza sia improduttiva e invece serve a ricaricarmi, o non potrei una volta che l'ho sconfitta ricominciare a vivere. Mi capitava anche da ragazzo, non è un accidente di adesso. Stavo tutta la notte seduto sul davanzale, il vuoto sotto, quando mia madre mi credeva già addormentato. Vedevo il buio che cadeva dal calamaio di dio come se lui ci avesse inciampato, e la china che sbrodolava sulla montagna, e i dieci metri dalla strada che mi tentavano se mio padre m'aveva umiliato: che morissi lasciandogli un senso di colpa incurabile. L'unica idea

L'amore taciuto

Ecco chi sono: il ragazzo che è passato di qui trent'anni fa e che si rammarica per le pietre della porta medievale, al contrario di lui rimaste uguali, il cercatore di segni della propria esistenza terrena, l'indovino delle stagioni maligne, e oggi mi scopro innamorato. Eccomi un'altra volta impensierito d'amore, non mi succedeva dal ventesimo secolo, e la colpa è tua, ragazza volitiva dagli occhi belli, che nelle canzoni saresti quella che prende il cuore e non lo lascia più. L'amore taciuto, suggerito per vie traverse - come questa povera scrittura - è l'amore più appagante: non diventa mai niente più di un sogno e nei sogni fai e disfi le cose, e tutto ha il verso della felicità. Però quell'emozioncina a vederti, quello snuvolamento a pensarti, mi fanno bene e ringiovaniscono più del Dianazen, e al diavolo il biancospino. Davvero, chi se lo sarebbe mai aspettato, di tornare indietro nel tempo fino all'epoca del languore, di tutte quelle tenerezze ine

L'altro di me

Certe volte scompari, non negarlo, e quando succede io sono metà. Neanche la parte migliore, solo quella che pulisce il bagno, dorme, va dai medici, scongela la pizza, guarda la televisione. Scompari e non so dove vai, dove sei, magari un passo dietro di me, magari ti nascondi nella mia ombra, ti mimetizzi nei manifesti elettorali, ti squagli per terra come Amélie. Succede quando ti trascuro - o quando pensi che ti abbia trascurato - e così, come una fidanzata dell'adolescenza, me la fai pagare, mi inaridisci. Non c'è altro che possa fare se non aspettarti, quando fai così. Decidi tu quando tornare, sotto quale forma, al guinzaglio di quale capriccio, decidi tu, che tu sia benedetto. La mia vita ha senso solo con te, solo se stiamo insieme: lo sai e teneramente te ne approfitti. Sei la mia anima, l'idea che nasce tutta nuova, il volo, l'alternativa alla realtà. Sei la mia parte buona, un poco permalosa, umbratile, però mi sei necessario, oh se lo sei. Le mie stagioni va

Cecità

Ieri ho visto una ragazza cieca, a uno di quegli eventi di moda dove si mangia cibo per strada. Pioveva, avevano acceso le braci sotto ai tendoni, la gente faceva la fila con gli ombrelli, qualcuno si è dato per vinto, è andato via. Stava con un'amica - forse la sorella ma non si somigliavano - che l'ha guidata tra i tavoli finché non ne han trovato uno libero e si son messe a mangiare hamburger. A me ultimamente la carne non va e allora ho preso a guardarle. Così faccio, quando ho bisogno di una storia nuova, che mi ravvivi la fantasia come un mantice la fiamma sotto a quei manzi d'Argentina. Non sembrava che fosse in collera con dio; io al suo posto lo maledirei ogni giorno, e alla sera implorerei il suo perdono. Mangiava tranquilla, l'altra le porgeva ogni tanto il bicchiere di coca, ridevano perfino, raccontandosi certi amori impossibili che le rendevano felici, prive di desideri. L'amica sana sembrava condividere la stessa sorte: direi che si erano scelte, il c

L'imperfetto

Lì, mi hai preso la mano lì, che modo eccentrico di fare l'amore. Te lo ricordi? Avevi sedici anni e io quattordici, eri una ragazza strana, per niente attratta da quelli più grandi ma abbastanza da un pulcino come me. Ti venivano dietro in tre, tutti sui diciotto. Quando capirono che li evitavi e preferivi la mia compagnia mi aspettarono dietro al luna park e mi gonfiarono di botte. Tornai a casa col naso che sanguinava e mia madre non si scompose: da giovane era fatta così, meno apprensiva. Tenni il ghiaccio sulla fronte e quando il sangue smise di colare uscii a cercarti. Il mare era fermo, la spiaggia si svuotava dei vecchi, che andavano a cena in albergo: pensione completa. Ti trovai che leggevi La ragazza di Bube , io avevo cominciato a leggere seriamente per via della professoressa del Ginnasio, che m'aveva svezzato con Silone e Pratolini, però quel libro non lo conoscevo e tu mi hai preso in giro. Avevi un modo di fare diverso da tutti, anche quando mi prendevi in giro

Tuo padre mi avrebbe sparato

C'è questa città dove ti ho incontrata dopo trent'anni che alla sera si tinge di rosa: è qui che ti ho aspettata disperando di vederti. Poi sei arrivata e ti ho invitata a cena, nell'appartamento da dove si vede il sole che s'infila nella tasca dell'orizzonte. Se posso permettermi stai meglio adesso, con le guance un po' più piene. Da questo terrazzo abbiamo spiato il serpente di auto che rincasava, mentre la pasta si finiva di cuocere. Ti ricordi che spettacolo che era la nostra gioventù? Ma ce ne accorgiamo solo in ritardo, è questo il guaio. Hai detto che ci contavi, di trovarmi ancora in discreta forma, perché gli uomini devono conservare una qual dignità, un decoro. Abbiamo riso come ridevamo nel novantaquattro, la notte che passammo a far l'amore con tutta l'incoscienza dell'età, senza nemmeno conoscerci. Quando tuo padre ci sorprese e disse che mi avrebbe sparato se mi fossi rifatto vivo mi venne in mente quella canzone di Ivan Graziani, impar