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Visualizzazione dei post da aprile, 2015

Piccolo ragionamento sul tempo

Adriana Lima nel backstage del Calendario Pirelli 2015 (Credits: Steven Meisel) La fornaia serve un cliente che va di fretta, aspetta che esca e poi - quando non può più risponderle - gli consiglia davanti a tutti una cura di camomilla; un galantuomo nottambulo infila viti tra i solchi dei miei pneumatici e mi lascia a terra, e son già due volte; Barbara F. mi insulta per una critica educata a un premio letterario a pagamento, segno che una parte di mondo vuole ascoltare solo ciò che le dà ragione. Cattiverie gratuite, piccole malignità senza tornaconto, solo un po' vigliacche. Ne commettiamo più di quanto siamo pronti ad ammettere. Con la mia indole incuriosita di scrittore emergente - come le anime semplici definiscono quelli che non vendono abbastanza per essere considerati modelli di pensiero e stragiurando che preferirei spararmi in loop tutta la discografia di Venditti piuttosto che diventare modello di pensiero - provo a capire perché. Sospetto che c'entri il tempo

Il gioco dell'allegria

La neve danzava come bambagia alla luce dei lampioni. Sbircio alla Coop - luogo dove una studentessa un giorno cercò su mio consiglio "La boutique del mistero" senza trovarla e poi a scuola mi fece Prof, devono averla chiusa -  l'incipit di un romanzo di Jo Nesbo, scrittore norvegese da un triliardo di copie, e capisco che è un libro che non leggerò mai. Bastano due righe per scoraggiarmi? Avanzano. Perché non è automatica la relazione best seller/grande autore, nonostante alcune teste quadre affermino ostinatamente il contrario. Beate loro: si contentano di poco, si vede. Provo comunque a spiegare perché non mi sa di niente, se no non vale: la descrizione atmosferica messa lì a varco della storia è di una banalità trionfante, non lo faccio mai nemmeno io, piuttosto non scrivo niente; la similitudine della neve con la bambagia è la più ovvia quindi la prima da evitare; la scena alla luce dei lampioni è stra-abusata, e a evitare i luoghi comuni lo insegnano alla prima o

Qualcuno poi sutura le ferite

Il romanzo nuovo comincia con una donna che porta a casa - da suo marito -  un altro uomo e prendono a vivere in tre, come niente fosse. Trovano la cosa addirittura eccitante, e non soltanto in quel senso. Trovano che sia eccitante prendere in contropiede la vita, fare quel che la vita non si aspetta che tu faccia, che non è solo cambiare le carte in tavola ma proprio giocare a un gioco differente, con altre regole, altri valori. Non c'è conflitto, almeno nel primo capitolo, dopo non lo so: mica ce l'ho tutto in testa. Le mutazioni radicali d'altro canto sono quelle placide, più delle rivoluzioni, e dio pur sa quante rivoluzioni cruente ho tentato e fatto con la mia testa quadra. Così allo stesso modo - adesso - la mia vita muta, come cambia pelle una lucertola. Alla mia età né verde né tarda - l'età in cui se potessi fermerei il tempo per restare sempre come sono - scopro il piacere di lavorare per un solo principale: me stesso, e su progetti che non sono mai stati t

Di Battaglia in Battaglia

Io se dessi retta vivrei dentro al mio passato come dentro a una stanza insonorizzata. Ma non si può, lo capisco che non si può, e allora mi armo d'intraprendenza ed esco. Uscendo ho intercettato l'amore, mi stava cercando: ho avuto il merito di lasciare aperto un soffio di porta e così è entrato, e ha preso gioiosamente possesso di me. Ma se fossi ancora in pena, o avessi chiuso per sempre bottega, m'arrampicherei. Con le mani, coi piedi, le unghie rotte, i ginocchi sanguinanti, su per la memoria, che è una montagna impervia, butterata di fossi, dirupi, pozze d'acqua avvelenata. Come ho fatto per tanto tempo senza arrivare mai in cima. Giochiamo però - un'altra volta -  a fingere che il passato sia la parte migliore della mia vita. Vi va? Trent'anni sono trent'attimi, a guardarli a ritroso. Nel 1985 dovevo ancora capire il senso del liceo classico, e non vedevo come uscirne. Iniziai a combattere proprio allora, però, con atti, parole, opere e omissioni. C

Se fossi in te, Dio

Stavolta ti scrivo con la maiuscola, perché tu non possa pensare che non stia parlando di te ma a quell'altro dio che sta nel mio romanzo. No, sei proprio tu, Dio: D di Domodossola, architetto d'universo. In realtà pensavo di scrivere un'altra cosa, più intima, chissà, ma è che tornando a casa in macchina ti ho visto, eri tu, e mi sono innamorato di questa idea di parlarti. Stendevi il crepuscolo come un lenzuolo, lo spandevi al di là del parabrezza coi suoi toni di grigio e celeste, alle spalle dei palazzi: l'ora ideale per innamorarsi, tra l'altro. E per telefonarti come ha fatto Mirka: con un numero a caso Mi immagino nei tuoi panni, in quella tunica, in quelle braghe. Assorto? Distratto? Incurante del tempo che passa? Pure te davanti a una lavatrice a gettone a Coney Island, dove ho piazzato il tuo alter ego? Non lo so. So cosa farei al tuo posto se fossi in te. Provo a spiegartelo. Se fossi in te, Dio, cambierei di un niente il mio comportamento, di un impe