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Visualizzazione dei post da aprile, 2018

Sopra la stessa erba

copyright Edizioni If Sentite questa: ieri ho letto la stessa cosa di quarantacinque anni fa nello stesso identico posto. Giuro. Che non è neanche tanto cambiato, grazie a dio, giusto certe nuove panchine di pietra a ferro di cavallo scomode come una suocera in viaggio di nozze, ma tant'è. Domenica mattina Narni aveva quella luce del '73 e di prima ancora, quando io e tutta l'umanità sbarcammo sulla luna e Gastone mi mise in mano il giornale che raccontava l'impresa. Il posto, lo stesso: san Girolamo e i suoi giardini, dove 2018, 1973 e 1969 diventano complici chiacchiericci. E io stavo là, a rituffarmi nella piscina olimpionica del passato da un trampolino oscillante, giù a testa in giù che sembravo Klaus Dibiasi mica per scherzo. E quei tre anni a confondersi nell'acqua, a sommergermi e salvarmi, a incavallare onde che mi spingono contro il bordo, sanno di cloro e pizzicandolo tappano il naso. Questo posto sopra la Valletta, dove giocavo a tennis da schiappa

L'ora misteriosa

Ecco, il momento è questo, sbiancato e cinereo, l'ho visto nei film e me ne sono invaghito. Dico il momento in cui la notte si avvicina e il giorno si trattiene, e ne esce un impasto di crema e cioccolata, l'orizzonte è liquido e si cena in radura. Portano due o tre brocche d'acqua e aranciata, apparecchiano sotto il gazebo o sulla veranda, e stanno lì a parlare finché non è tutto nero e giusto le fiaccole rompono il buio. L'ho fatto quando l'ho desiderato - mangiare appena fuori casa nel posto senza disperazione che è mio - e altre volte l'ho desiderato senza poterlo fare: già la mia vita aveva preso una scorciatoia per l'inferno. Poi è tornata sui suoi passi, sì, e ha ricominciato a girare come niente fosse, ma col peccato mortale del disincanto. Quelle lune, quel carro e quell'Orsa, quel vento, quelle colline che scompaiono sotto un mantello di ombre, quelle parole prima basse poi alzate dal vino, tentatrici, erotiche, in due, in quattro, l'a

Il centesimo del santo

Lugnola, Visciano, Sant'Urbano. La prima volta che ho sentito nominare questi posti fu dalla voce di Gastone, che ci andava a scattar foto nel settantadue . Io credevo fossero in qualche buco d'America o di Russia - dove lui era pur stato, in gioventù - e invece se aprivo la finestra quasi li vedevo. Finché un giorno se ne uscì che mi ci avrebbe portato, se Rita permetteva, e io pensai di dover riempire di vettovaglie una o due valigie. Mi dissuase, mentre riponeva uno spartito: Andiamo e torniamo in un pomeriggio - disse. Ci ripensavo ieri, appena la macchina ha preso a arrampicarsi in seconda e terza da quelle parti cigolando il semiasse, e poi passando oltre, ché la mia direzione era lo Speco francescano. Già ne ho parlato, su queste pagine, anni fa, di quella silenziosa meraviglia, (qui, per la precisione: https://sdraiatosuibinari.blogspot.it/2013/08/lo-speco-e-la-collina-ammazzamotori_22.html ) e non ricomincerò. Mi preme invece raccontare la mia tentazione alla vita cl

Sulla luna non ci sono mai stato

Oppure ci manca la commozione di un rito collettivo: per divincolarci da questa stanchezza, dico. Intorpiditi, come al risveglio pomeridiano dopo un pranzo esagerato, avremmo bisogno di un evento, un'eccitazione, un'attesa, che accomuni. Meglio se di notte, perché stare svegli tutti assieme è un fremito; meglio se d'estate, perché è già successo. Una cosa come quella volta lì: 20luglio69 - anno graficamente osceno e paradossalmente democristiano,  cui diede una bella spallata - prima di piazza Fontana -  l'equivoca informazione di Tito Stagno - Ha toccato! - in riferimento al pelo lunare. Bei tempi. E tempi che cavalcano il mio primo ricordo, lo sverginamento della memoria. Due anni e mezzo, contavo: praticamente un vecchio. Della frontiera violata di notte non ho racconti: dormivo senza presagi. Ma del mattino successivo - caldo, appiccicato - sì. Narni si accorse cambiata, come il resto del mondo. Negli sguardi delle persone potevi leggere una contentezza brilla, l