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Visualizzazione dei post da aprile, 2017

Il sesso, per esempio

disegno di Milo Manara Ho fatto un sogno, e credevo mi fossi svegliato. Andavo alla finestra e volevo aprirla ma la maniglia era lontana, altissima: lì ho capito che non era la realtà. Per quanto la realtà, di maniglie irraggiungibili, me ne abbia riservate, ho sempre cercato di arrampicarmi. Non stanotte, che ho rinunciato, sono andato in cucina e c'era Ale che alle 4 e 40 preparava una crostata. Si alzava a quell'ora, quando era malata, il mieloma le accorciò il sonno prima che la vita. E a parte questo, la notte io l'amo come una cosa che si ama e di cui si ha paura. E nostalgia, che è il decoro che spalmiamo sul passato, altrimenti volgare. Ho nostalgia presempio delle notti che abitavo nel posto più rassicurante: la camera dei nonni materni, a dormire in mezzo a loro, a sei anni. Il soffitto era verniciato dalle strisce di luce che filtravano tra le stecche delle persiane, così che non era mai veramente buio, e la notte di via Cardoli sembrava solo un'appendice

L'orto scosceso

E una sera Pietro mi disse "Passami un po' l'acqua", e a me mi s'impicciarono le mani, e gli allungai il tubo dalla parte del fiotto, e lo fradiciai. Rise, mimò uno scappellotto e commentò "Come cavolo ti viene? Trovati un lavoro d'intelletto, ché se no fai la fame". Mi voleva già fuori di casa, mi sa, pure se avevo solo quindici anni. Però lo feci divertire, e non è capitato così spesso, e anche a me si allargò in petto un sorriso rapace come la esse di Nembo Kid. Fortuna che era estate, e il sole cadeva dentro le tasche della gola di Itieli, tra gli Appennini spelati - tramontava quieto, al contrario di me che crescevo implacato - e la pace della sera, da onest'uomini quali eravamo, era una specie di premio, e tutto quel che si poteva desiderare. Innaffiavamo pomodori, comunque. Gli era venuto l'estro, a Pietro. Di comprare le piantine, infilarle nella terra, zappettarla, concimarla, spruzzarle di verderame - "Tanto è innocuo, glielo

L'amica sciroccata

Magari il tempo perso a stare male per colpa nostra ce lo rinfacceranno, e ci diranno che siamo stati stupidi, e ci sarà una tassa da pagare per ogni giorno sprecato in commiserazioni del disastro. Per cui, olé, si vive, e si viva come dio comanda, e difendiamoci come possiamo; io presempio a colpi di parole che ambiscono a vesti nuove, e le stanno cercando, perché non mi contento e sospetto di averne diritto, per quanto - di numero e peso - scrivo. Non posso passar la vita a schernirmi, per via che l'umiltà è cautela savia, ma troppa diminuisce, e non conosco nessuno di buona fama che non abbia la giusta percezione dei propri mezzi. Mi piace scrivere per farmi leggere - un'ambizione allegra; è essenziale che mi facciate sapere che vi ho emozionato, in qualche modo. Con le confessioni di questo blog, arrampicate sui ricordi; coi miei tre romanzi sghembi e spassosi; con le storie che improvviso in pubblico e le sceneggiature che fingo di inventare, tratte su da laghi pescosi c

Di lei

Conoscevo una ragazza che dava del lei al suo gatto. Lo faceva - mi confidò - per avere qualcosa di eccentrico da raccontare. Perché si sentiva ordinaria, nonostante io la trovassi eletta. Avevo quattordici anni, e lei quindici: lo chiamano il primo amore. Per quanto mi riguarda, è stato il più perfetto, di un'innocenza che non ho più saputo, senza passione, necessità. Sognarla e scriverne erano l'ascissa e l'ordinata di quel tempo antico; immaginarmela accanto a Nizza, che la corteggiavo come il bambino che ero - divenne la tenerezza più dispettosa che ho mai provato. Scendevano i gabbiani sulla spiaggia, mi ero scostato da Rita e Pietro, camminavo - già furente di una  sconclusionata scontentezza - contagiato dalla peste di dover metter via ogni giorno mirabile per sfamare a tempo debito i ricordi. E appunto presi a scrivere: di lei, e negli anni di tutto quello che avrei amato in altre donne e che lei aveva, tutta la sua minuta grazia, e a quei giorni il bene che mi

Viaggi e miraggi

Ha questo di bello l'autostrada: che ti porta via. Dai capi-condomino, dal tempo che abiti, dallo schifo. Cammina e cammina, dritta sparata, pista di decollo che quando pensi "Dovrà pur finire, da qualche parte" ricomincia - tipo la vita - e ti cuce ai margini del mondo, o al mare, se hai progetti più romantici. Io ne avevo paura perché mi avevano diseducato al viaggio, me ne tenni lontano per anni, finché la passione per la malinconia che si annida nei ricordi me l'ha rifatta amica. Ora è un limbo di buona musica, vetri chiusi e condizionatore leggero, centodieci regolari e chi ha la fregola passi pure: io sto là a destra, e me la godo. Davvero, per i ricordi, per catturarli al laccio, ci vuole l'autostrada: stanno lontani migliaia di minuti e centinaia di chilometri, specie quelli scelti, e devo fare sempre l'atto di ritornare. A una mezza collina, a una città turrita di piazze ovali, a un ristorante settembrino coi tavoli fuori - le brocche d'acqua e