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Visualizzazione dei post da febbraio, 2019

Sotto un trucco rock romantico

Le parole: chissà chi è stato il primo essere umano a pensare che si potessero cantare. Io credo si sia trattato di un genio fatto e finito, altro che storie. Pensateci: questo tipo aveva in una mano un alfabeto e nell'altra delle note, come un dolciaio che in due ciotole differenti tenesse crema d'uovo e alchermes, e gli venisse la sfrontatezza di mescolarli. Uguale, allo stesso modo. Per amor d'alchimia il pasticcere ha inventato la zuppa inglese, e quell'altro le canzoni. Eccoli, i benefattori dell'umanità. Ci ripensavo ieri, prima che l'affetto di amici e lettori sconosciuti - cui sarò debitore a vita: gli uni e gli altri - mi travolgesse contringendomi a improvvisare dediche strampalate sul libro che imprigiona, per liberarle dalla rete, certe memorie care di questo blog. E appunto la memoria ha corso nuovamente a stagioni lontane, dentro cui le canzoni che oggi mi fanno intenerire, e rallentare il passo se vado per i boschi con le cuffiette, dovevano an

Nero

Centesimi. È la parola che pronuncia il ragazzo nero fuori del supermercato. È rivolta a me, che esco con una busta leggera dalla porta automatica. Arrivo a quaranta, con le monete in tasca, glieli metto in mano, lui sorride. Vado via, passo le strisce pedonali, passo davanti a un negozio di spose, prendo  per la solita strada del mattino, solo: fatta al contrario, per il verso del ritorno, e mi dimentico. Di lui, della sua sorte di traghettatore di spesa, della mendicanza. E c'è pure il caso che mi lamenti perché devo tornare a casa in fretta, mettere in ordine, lavare il pavimento; e che mi stranisca non trovare la parola giusta dentro una frase, lasciar bloccata una scena a mezz'aria, non capire se vola o precipita. Salvo poi ritrovarmelo davanti, per un gioco di ricordi - stavolta a breve termine - e immaginare. Giuro: immagino così forte di essere lui che finisco per esserlo - questo salva l'etica del narratore: l'immedesimazione. Dunque riè mattina, allungo la ma

Contro dio

Gli stessi cortili, le stesse altane, gli stessi chiostri, hanno luci diverse a seconda delle stagioni, e così, se nella memoria girassi dei film, sarebbero color seppia se fosse novembre, o rosa porpora a primavera, o arancio in mezzo all'agosto, e direbbero che sono un regista sperimentale, sui giornali di cinema. Per buona sorte, invece, la mia troupe sono solamente io, il che mi dà modo di risparmiare un sacco di denaro e usare tutte le tinte che voglio, tanto le scrivo e basta e poi voi le immaginate. Privilegio del narratore è fare l'artista con la fantasia degli altri, insomma, paravento che non è altro. Oggi presempio ho scoperto che giovedì che viene saran quindici anni che è morto Marco Pantani, per cui prendo la macchina da presa, noleggio il teatro di posa, faccio il casting, scrivo la sceneggiatura - in quale ordine, tutto questo, non lo so - e comincio a girare. All'antica, con la pellicola, niente digitale: viene meglio, è tutto più croccante. Allora: ci

L'etrusca

Vanta una bellezza che non muta - che gran fortuna - e un'aria perennemente crepuscolare, come se la vedessi sempre di sera, che il cielo sembra fuliggine, e le ragazze escono dal lavoro, si siedono al caffè con gli uomini e vivono felici la malinconia. Parlo di Tarquinia, l'etrusca, città struggente poiché conserva intatti, senza vuoti, sbavature - ed è fatto raro - certi ricordi prossimi e remoti che avrebbero velleità di romanzo, se solo mi prendessi la briga di scriverne. Sono nitide, al contrario, le stagioni che qui ho attraversato, e sono così chiari i fotogrammi che ne ho troppi, da mettere in riga. Perciò invece del passato - il gatto malandato che trovammo sull'acropoli, e poi dormì con noi, con la tua mano a calmarlo; l'hotel Velcamare, dove mi sarei trasferito armi e bagagli, tanto mi intenerì il suo arredamento liberty; la trattoria che non serviva avventori romanisti, e mi ci trovai a mio agio, e ne ridemmo per un gran tempo - conto il presente: giove

La frase d'amore prima in classifica

Credo nel caso, che paradossalmente, con la scusa di rammentarmi le priorità, mette ordine nei miei intrighi - e non di rado mostra la soluzione a un'impasse narrativa - facendo in modo che quel per cui non ho passione si risolva in fretta: immagino che più di questo non si possa pretendere, dalla storia d'amore tra uno scettico e la provvidenza. Esplorazione di tutto quel che è accidentale, allora, e gratitudine per gli imprevisti: son queste le devozioni primarie del narratore: come religione del fortuito non è peggiore di altre, a ben guardare. Appunto il caso, oggi - da una finestra al pianterreno, in una via del centro - mi ha risuonato nelle orecchie Toquinho, e la sua canzone più naif. Doveva essere un nastro: nessuna radio a parte la mia programma più musica così colma di grazia. Ho dissuaso la fretta, schiacciato il tasto dei ricordi e mi sono ritrovato bell'e ragazzo su una corriera: maggio '83, Pietro ed io ed altri carbonari in autostrada verso Ravenna. U