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Visualizzazione dei post da ottobre, 2023

Pampepati

Cento, centocinquanta, duecento. Perché dovevano bastare fino a primavera, perché se a Pasqua qualcuno ne voleva un pezzetto, doveva trovarlo in dispensa, avvolto nella carta oliata. Serviva a unire la nascita alla resurrezione, certo, però non era solo un discorso religioso, erano una festa - sobria, composta e lunghissima - e una speranza. Che nutrivano specialmente i vecchi, in silenzio, brontolando giusto sui ritardi dei nipoti al cenone. Noi l'avremmo capita dopo, io l'ho capita da poco: la speranza che quella compagnia non si sciogliesse mai, non si stancasse di mangiare assieme, di guardare l'albero scintillare, che nessuno si ammalasse,  che nessuno invecchiasse. Duecentocinquanta, trecento, mille, ne avrebbero preparati, allora, se fosse servito a fermare il tempo, a far ardere per sempre lo stesso ceppo nel camino, a non far ammuffire i chicchi di granturco per la tombola. I viaggi che Gino e Gastone facevano con la spianatora sulle spalle da via della Pigna fino

Gli anni della gioventù

E davvero, come in una canzone di Baglioni, uscivamo di scuola urlando per il troppo fiato trattenuto e talora, dopo essercele promesse, ce le davamo di santa ragione: per un suggerimento sbagliato, per una donna acerba o una partita di pallone. Erano gli anni dei fogli bianchi: uno era la nostra testa, uno l'avvenire, un altro l'amore, un altro ancora i sogni, e pensavamo che li avremmo scritti col tempo, quei fogli, colmati di gesti di cui esser fieri. "E invece" - mi ha detto Giuliano appena ieri, a cena - "a guardarli adesso non troviamo che scarabocchi". Stavo per rispondergli Parla per te ma l'affetto ha avuto la meglio, ho fatto finta di esser d'accordo, se ne è compiaciuto. Per quel desiderio provocato, oggi ho preso per le stesse strade di quarant'anni fa - via Alceo Massarucci, via Cesare Battisti, piazza Clai - con l'idea di mangiare in uno dei posti dell'adolescenza ma la pizzeria del Secolo ha chiuso dallo stesso tempo che h

Caprile

Capitava sovente che Gastone si annoiasse, caratteristica tipica degli irrequieti, e allora mi convocava nella stanza del cinema e suggeriva una nuova avventura. Là dentro, dove montava quei filmini familiari che oggi conservo come reliquie di Padre Pio, complottava ai danni delle coronarie di mia madre perché ogni volta era un inoltrarsi in un bosco sulle tracce di un istrice, uno stare in piedi sul sedile della Dyane, la testa fuori della capote, a filmare la città, un viaggiare fino a Todi e Spoleto - per Rita luoghi remoti come le Indie - per un concerto di musica barocca. In quel modo Gastone alimentava la mia curiosità - e chissà se invece non è meglio vivere sobri, senza vaneggiamenti, sogni assalenti, benedicendo il sonno che ci allena dolcemente alla morte. Io il sonno lo detesto perché mi sa di tempo sprecato, e così mi alzo prestissimo, ancora innamorato se mia moglie di notte è venuta a trovarmi, e talora, prima di andare in radio e a scuola - oppure appena comincia il pome

La spia

Un bracciale quattro euro, tre bracciali dieci euro. La signora fuori del supermercato ha un espositore al collo e dentro ci tiene anche pendenti a goccia, anellini, cavigliere sonanti. Mi chiede di darle una mano e io metto la scusa del dentista, che poi una scusa non è, ci devo andare davvero, è lì a una svolta d'angolo. Dopo ripasso - le dico. Intento vagamente ipocrita che è pure il modo più pratico per prendere tempo, ragionare sulla mia taccagneria e dar modo alla coscienza di mordermi le viscere, facendomi sentire peggio di Ebenezer Scrooge. Così, mentre aspetto il mio turno, mi immagino al posto di quella donna: fuori da un centro commerciale a elemosinare monetine, buttato per strada con un bicchiere del McDonald's davanti alle palle, in fila alla caritas per il pranzo della domenica. Cambierei sesso, età, etnia, ma sarei sempre io: uno che il caso ha voluto far nascere dalla parte sbagliata del mondo. A quel punto, se sei un essere umano degno della qualifica - e io