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Visualizzazione dei post da gennaio, 2015

Un viaggio dentro altri viaggi

Non c'è cosa più utile delle parole, utili di un'utilità che è bellezza e fatica, perché a usare quelle giuste è festa ma la scelta è complicata. Senza il culto che ho delle parole non avrei detto e scritto Ti amo mettendoci prima e dopo altre migliaia di vocali e consonanti a chi ho riconosciuto parte di me, a chi confonde, per quanto sono uguali, la sua anima con la mia. Così quando incontro qualcuno che sa usare le parole non come gusci vuoti ma per il suono che fanno - ognuna differente e sa metterle al posto giusto che è uno, uno solo e nessun altro - mi cresce il buonumore. Ho letto e apprezzato Se chiudo gli occhi , romanzo di Simona Sparaco, e poi ho conosciuto e presentato lei al pubblico della Bct, ieri mattina. Una cosa bella, per come è venuta. Un modo per parlare di narrativa senza pedanteria, alla mano, tra amici, con tutti quelli che c'erano. Simona ha una scrittura morbida ed esatta, suggerisce quando deve suggerire, racconta dispiegando la storia quando è

Maschere, recite e camuffamenti

Trovo nella pagina bianca di Verdi colline d'Africa - scritti a penna - il mio nome e una data: 1980. Avevo tredici anni e siglavo i miei libri per quando sarei stato grande, cioé adesso. Non credevo il tempo sarebbe passato tanto rapinoso, da fermo che sembrava all'epoca. Ma già allora lo scrivevo un po' dappertutto, per dirmi Io ci sono e sperarmi adulto, a riavvolgermi negli anni d'infanzia, a dire Io c'ero . Mi sono camuffato, così, e - pur inseguendolo -  ho temuto il ricordo, pratica di sofferenza che se ci fosse una compressa che l'annienti la prenderei. Pesca in acque inesplorate -  in certi abissi dove alloggiano i mostri marini e la luce è tutta buio -  il viaggio che mi cucio addosso, sopra i miei anni felici che credevo orrendi. Mi costringe a pensare al mio nome a inchiostro sopra quella pagina -  immobile placido immortale - mentre nella mia vita accadevano cose . A quell'oncia d'anima che magari c'è rimasta impigliata, lì tra la effe

A proposito di libertà

Mi hanno insegnato - consegnato - cose che non sempre posso usare come vorrei. Per esempio la libertà. Tutte le persone importanti della mia vita, tutti i libri veri, tutta la musica essenziale, sono concordi a dire che è il bene supremo. Se lo eserciti però certi ti odiano e partono all'attacco: ai pranzi comandati della mia giovinezza ho respinto assalti di chi si definiva progressista solo per via di un tesseramento. La libertà è il più grande equivoco dell'uomo: lui riconosce intoccabile solo la sua, quella degli altri è un torto che gli fai. L'arma dei liberticidi truccati da liberali è la derisione, poi l'insulto. Quindi, in subordine, quando ti difendi, la diffamazione pubblica a mezzo social network, dove ognuno si qualifica per quello che scrive. La libertà di deridere una religione è di conseguenza lecita, come qualunque altra fede umana. Tuttavia mi piacerebbe - ci pensavo ieri - sorridere di una vignetta su - per dire -  Fidel Castro che sodomizza il Che, co

Ballavamo solo i lenti

Io ricordo. E finché ricordo ho una tenerezza perpetua a cui attingere nei momenti di siccità. I sentimenti s'asciugano se non li pratichi e quando servono te li ritrovi morti. Ma i ricordi sono ondivaghi, arrivano quando gli pare, come parenti molesti che suonano appena hai apparecchiato. Al contrario dei parenti però, ai ricordi vuoi bene; anche a quelli trascurati. Così capita che i giorni del sole freddo di questo principio d'anno mi riportino a trent'anni fa, alle feste di compleanno pomeridiane, da chiudere come un coprifuoco entro le diciannove. Belle quelle che facevamo a primavera, quando la luce aveva un chiarore che non si spegneva subito ma era una specie di lampada che s'affiochi lenta fino a annerirti l'abbraccio con la ragazzina innamorata e impedire gli occhi dei compagni. Si usciva in terrazzo col pretesto di vedere se arrivava suo padre a prenderla, e ci si inteneriva lì come non è stato così spesso dopo, quando crescere ha smarrito di senso molta