Passa ai contenuti principali

Post

Visualizzazione dei post da giugno, 2022

Le tentazioni

Giusto una settimana fa ho visto -  e vissuto - lo spettacolo Every brilliant thing , uno dei tanti della terza, ricca, edizione di Narni Città Teatro ma l'unico, ahimè, cui son riuscito ad andare. Al momento di comprare il biglietto la cassiera mi ha messo in guardia:   Si tratta di un testo che prevede una certa interazione col pubblico, ci vada preparato . Così, mentre ero in fila davanti al chiostro di sant'Agostino, ho tentato di immaginare in che modo poteva succedere che fossi coinvolto nella storia, e confesso che la cosa mi intrigava parecchio. Every brilliant thing  ( Ogni cosa che brilla ma anche, più opportunamente, Ogni trovata geniale ) è un semi monologo scritto nel 2013 da un autore britannico che si chiama Duncan McMillan - a Narni lo ha interpretato (e diretto, assieme a Fabrizio Arcuri) Filippo Nigro. Sul prato c'erano alcune file di sedie, disposte a ferro di cavallo. Sul lato lasciato libero, una scrivania, e davanti alla scrivania due sgabelli dalle z

Separati alla nascita

Una mattina di qualche giorno fa - verso l'una - sono per strada: la Flaminia, rosolata di sole tra i campi secchi, è allenamento per l'inferno. All'altezza di ponte san Lorenzo c'è un incolonnamento, rallento fin quasi a fermarmi, metto le quattro frecce, mi armo di pazienza. Arriva da dietro, allegra e svampita, una Spark bianca come il latte, si accorge all'ultimo dell'intoppo, inchioda, brucia un treno di gomme, mi tampona ma appena appena, come se i paraurti - per un improvvido colpo di fulmine - avessero deciso di baciarsi là, pudicamente, davanti a tutti. Accostiamo, il tipo frettoloso - costernato - si scusa in tutte le lingue, il danno è lieve, decido di lasciar perdere. "A patto che lei mi racconti dove cavolo andava così di gran carriera", gli propongo. Ci sediamo sotto un albero grosso, mentre il traffico ricomincia a scorrere: ora quel tipo non sembra più tanto in ritardo, qualunque sia la sua destinazione. Tira fuori una bottiglina d'

Gola profonda

In edicola la giornalaia mi accoglie diffidente. Quando le chiedo Il Fatto Quotidiano cambia atteggiamento, libera un sorriso, diventa ciarliera. "Scusi sa - si giustifica senza che gliene dia motivo - ma tanti non vengono per comprare: solo per passare il tempo". Mi fermo un minuto a chiacchierare, salta fuori che di quotidiani se ne vendono pochi - e non è una novità - e che un sacco di gente pretende ogni mattina di dare un'occhiata a sbafo alle prime pagine. "Ci sono un mucchio di siti dove poter leggere gratis le aperture - le dico. - Perché vengono a rompere le scatole proprio a lei?". La signora mi guarda stupita, mi allunga i venti centesimi di resto e mi rimprovera: "Ma scusi, che domande fa? Non lo sa che tanti si divertono un mondo a complicare la vita agli altri? Gliel'ho detto: è un passatempo". Incasso il colpo e abbasso la testa, e dopo un istante di impasse faccio per andarmene. "Ma no, aspetti, non volevo essere scortese - si

Face/Off

Un amico giorni fa mi suggeriva un'idea: che non sarebbe male cambiare nome alle cose, a cominciare da quelle estreme, che potrebbero ribattezzarsi una col nome dell'altra, per vedere se così facendo gli uomini ne possano trarre un qualche giovamento. Gli ho chiesto di farmi un esempio, eravamo con le gambe penzoloni nel vuoto e il sedere sopra un muretto dell'infanzia, a sfidare le vertigini. Sotto, il salto è di dieci dodici metri, non proprio una bazzecola. Per quello deve aver detto "Pensa se da domani chiamassimo vita la morte e morte la vita. Non credi che si ribalterebbero le prospettive? E che la morte, nominata vita, ci apparirebbe meno spaventosa e la vita, chiamata morte, allertata cioè di continuo della fine, meno fatua?" Immagino volesse dire che i nomi con cui battezziamo la realtà a furia di pronunciarli se ne portano appresso l'anima - nelle lettere, nelle sillabe -  e modificano i nostri umori, incoraggiando euforie e paure - che per inciso so

Chi va là?

Ogni tanto capita che mi svegli all'improvviso e accanto a me c'è qualcuno. Non è un incubo, non ha quella temerarietà; al contrario è una presenza timida, che intuisco seduta sulla sponda del letto, o in piedi in fondo alla camera. Una volta è un uomo in postura strana, di tre quarti, un'altra una ragazza smunta, un'altra ancora soltanto un volto supplichevole, una fiammella senza corpo. La percezione dura un attimo, un decimo di secondo, ma è netta: non è l'ombra di un nottambulo che passa fuori, né il rimasuglio di un sogno, ma qualcosa di differente, di misterioso. C'è qualcuno che ogni tanto entra in camera mia e mi guarda dormire. Ho cercato di indagare la cosa: prendendola a ridere, provando a convincermi che sono scherzi della fantasia, chiedendo un parere a chi - psicologi, sacerdoti - ne sa più di me sul confine fortificato tra visibile e invisibile, ma non ho mai avuto spiegazioni soddisfacenti. Ho avuto invece la prova discretamente definitiva dell&#