Improvvisamente stamattina mi son trovato per le mani un'ora piena di vuoto e non sapevo come spenderla. Non sono abituato, mi spaventano le ore così: cave, come la terra nelle teorie stravaganti di qualche sciroccato. Dalle undici a mezzogiorno avevo tempo per fare quello che mi pareva. Addirittura: quello che mi piaceva. E dopo una sorridente, fatua, sensazione di leggerezza, è appunto arrivata la paura. Paura che non ci fosse nulla che mi piacesse fare, in quella parentesi. Paura che non ci fosse più nulla che mi piacesse fare neanche al di fuori di lei. Ho camminato per stancarmi, dal centro città fino alla stazione, dove nell'atrio c'è un'edicola che copre tutta una parete, e ha fumetti di tutte le specie, e i gialli di Ellery Queen, e i volumi del Castoro Cinema: una babilonia dove potrei perdermi e una volta perso ritrovare il filo di quello che amo. La saracinesca era abbassata come una palpebra al sonno, e sopra ci avevano disegnato facce che sembravano suggerirmi Guarda meglio, Francé. Nel frattempo la mia ora di libera uscita si assottigliava, ne restava una metà appena, una fortuna smezzata. Colla malinconia in sorte ho svicolato per altre strade dove una volta passeggiavo e flirtavo, ragazzo non soltanto da parete, e dove chi ho amato non passa più. Lì nei pressi c'è una scuola: ci ho insegnato quattordici anni, e la mia gavetta divenne la mia professione. Sono grato, a quelle stanze, perché là dentro ci ho conosciuto un mucchio di belle persone - i miei allievi, soprattutto - la cui esistenza, altrimenti, avrei ignorato. Infine, a dieci minuti dal coprifuoco, ho pensato che potesse farmi bene un salto in giocoleria, uno di quei negozi dove vendono cose inutili e bellissime. Ho speso quarantanove euro per il modellino in 3D di un castello medievale. Dovreste vedere che cos'è. Ci sono le torri, e i merli, e il ponte levatoio, e il fossato, e gli spalti, il cortile, gli archibugieri, i soldati con le cotte di maglia, i gonfaloni. Tutto di cartone spesso, tutto antico, niente app, nessuna realtà virtuale, levigato come un sogno, romantico come un uomo fuori del tempo. Al momento di pagare, l'ultimo istante di anarchia sgocciolava sonoro - plic - e io mi sono accorto felice.
C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...
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