Fra tutte le tenerezze che mi han regalato, di tutte le meraviglie cui ho assistito, ce n'è una più incantevole di altre, più incancellabile. È il gesto delle donne innamorate - che raramente fanno quelle d'avventura. È il gesto soave che nessun uomo può ricambiare, né eguagliare in stupore: qualunque moina maschile è un surrogato, si arrende a quella perfezione. Forse ha a che fare con la mia infanzia, che fece a meno della stessa lusinga e ne conservò intatto il desiderio per il Francesco di adesso, che lo connotò di erotismo, complicazione evitabile e magnifica. La cosa straordinaria è la gratuità. Le donne che decidono di compierlo non chiedono nulla in cambio, nel momento in cui lo compiono capisci che han fiducia in te, che ti credono degno di riceverlo, perché è la cosa che più le smaschera amanti e le trasforma, per qualche attimo, in madri. A me è capitato - spesso d'improvviso - con il cuore che mi batteva a mille, su un divano, in una casa di campagna, in macchina, su un treno di notte, e ogni volta mi sono innamorato per sempre. E perfino, ogni volta, mi sono sentito grato, e avrei voluto ricambiare in qualche modo quel miracolo, ma non avevo speranze; né le mie narrazioni sghembe, le mie fantasie a buon mercato, hanno mai avuto un potere anche lontanamente assomigliabile. Di fronte a quel gesto io rimango senza parole - e vi giuro che per me non è così frequente. Quando la donna che ho davanti lo compie, io torno neonato, e ho voglia di toccarlo, quel che vedo, di sfiorarlo con le dita, di sentirne l'odore, di poggiarci le labbra. Tutto quello che succede, di colpo smette di essere sesso e diventa gratitudine, ricordo ancestrale, maternità. La donna che si snuda il seno, che lo estrae dalla coppa, scansa la casacca di cotone, e per fartelo guardare meglio si avvicina, è una divinità, è la dimostrazione dell'esistenza di qualcosa di meno idiota, di meno terrestre delle cose cui dedichiamo tutto il nostro tempo. A quel punto, baciarlo, suggerlo, giocarci un po' come fanno i bambini, è il solo modo per farle capire quanto siamo impari, e quanto colmi di bellezza. Mentre lei con quella suggestione ti sta probabilmente dicendo - stupido cieco che non sei altro - che ti ama come tu non sei capace di fare.
C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...
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