Fra tutte le tenerezze che mi han regalato, di tutte le meraviglie cui ho assistito, ce n'è una più incantevole di altre, più incancellabile. È il gesto delle donne innamorate - che raramente fanno quelle d'avventura. È il gesto soave che nessun uomo può ricambiare, né eguagliare in stupore: qualunque moina maschile è un surrogato, si arrende a quella perfezione. Forse ha a che fare con la mia infanzia, che fece a meno della stessa lusinga e ne conservò intatto il desiderio per il Francesco di adesso, che lo connotò di erotismo, complicazione evitabile e magnifica. La cosa straordinaria è la gratuità. Le donne che decidono di compierlo non chiedono nulla in cambio, nel momento in cui lo compiono capisci che han fiducia in te, che ti credono degno di riceverlo, perché è la cosa che più le smaschera amanti e le trasforma, per qualche attimo, in madri. A me è capitato - spesso d'improvviso - con il cuore che mi batteva a mille, su un divano, in una casa di campagna, in macchina, su un treno di notte, e ogni volta mi sono innamorato per sempre. E perfino, ogni volta, mi sono sentito grato, e avrei voluto ricambiare in qualche modo quel miracolo, ma non avevo speranze; né le mie narrazioni sghembe, le mie fantasie a buon mercato, hanno mai avuto un potere anche lontanamente assomigliabile. Di fronte a quel gesto io rimango senza parole - e vi giuro che per me non è così frequente. Quando la donna che ho davanti lo compie, io torno neonato, e ho voglia di toccarlo, quel che vedo, di sfiorarlo con le dita, di sentirne l'odore, di poggiarci le labbra. Tutto quello che succede, di colpo smette di essere sesso e diventa gratitudine, ricordo ancestrale, maternità. La donna che si snuda il seno, che lo estrae dalla coppa, scansa la casacca di cotone, e per fartelo guardare meglio si avvicina, è una divinità, è la dimostrazione dell'esistenza di qualcosa di meno idiota, di meno terrestre delle cose cui dedichiamo tutto il nostro tempo. A quel punto, baciarlo, suggerlo, giocarci un po' come fanno i bambini, è il solo modo per farle capire quanto siamo impari, e quanto colmi di bellezza. Mentre lei con quella suggestione ti sta probabilmente dicendo - stupido cieco che non sei altro - che ti ama come tu non sei capace di fare.
Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra
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