E una sera mentre nell'orto scosceso di una casa di villeggiatura innaffiavamo le piantine di pomidoro Pietro mi disse a bruciapelo Cerca di capire chi vuoi essere, più che stabilire cosa vuoi fare. Rimasi lì sciocco col tubo che singhiozzava acqua di cisterna mentre lui cambiava discorso a tradimento - faceva così, quando diceva una cosa importante: la imballava dentro altre parole di gommapiuma, per mantenerla intatta, come fosse un vaso di cristallo. Poi credo che lo facesse anche perché non dessi troppo credito a quel che diceva: secondo lui erano buoni consigli ma stimava il relativismo un'ottima unità di misura anche nei rapporti padre/figlio. Così prese a dire di quanto le buche per i cavolfiori dovessero essere profonde e che le ferie, per quell'anno, le avremmo fatte a settembre, Tanto tu la scuola l'hai finita e l'università prima di novembre non comincia. Ci ho ripensato stamattina, a quel suggerimento, mentre compravo le uova biologiche con l'idea di farle sode, un velo di maionese sopra, una manciata di radicchio spruzzato d'aceto balsamico e via. Ci ho ripensato oggi che son tre mesi abbondanti che lui è partito, lasciandoci in sorte un dolore spalancato, invendicato. E cosa voleva dire l'ho capito compiutamente solo adesso - come un treno che arrivi con un ritardo infinito. Però spero di averlo messo in pratica, in questi anni, magari istintivamente, o solo per fortuna. Fa ridere che una cosa che non si capisce la si realizzi, ma dev'essere andata così. Insomma ho fatto come insegnava lui: ho scelto chi volevo essere. E la parola più credibile che mi è venuta per definirmi è stata alternativo. Lì alla cassa, mentre la signora in divisa blu mi chiedeva se volevo i punti per la raccolta degli asciugamani da bidet, ho realizzato che faccio una radio alternativa a quelle che vanno per la maggiore, che il mio insegnamento - quando insegnavo - era alternativo alla didattica tradizionale, che la mia scrittura è a sua volta alternativa (e sghemba). Naturalmente essere alternativi ha delle controindicazioni. Siccome ho sempre comunicato come pareva a me, come ho creduto fosse necessario, ora ho un piccolo club di affezionati seguaci, non una folla oceanica. E se dicessi che non me ne importa, mentirei. Per cui, le iscrizioni al club sono aperte: fatevi avanti. L'alternativo ha ancora due o tremila storie appetitose da raccontare.
Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra
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