Ecco che arriva aprile, lo riconosco dai singhiozzi di febbraio, che vorrebbe trattenere il freddo mentre il sole dilaga e ci fa spogliare, e attorcigliare ai gomiti le maniche delle camicie. Ecco l'inverno che piange, perché pochi lo amano e pur chi l'ama dopo un po' lo tradisce con una tentazione d'agosto. E alla fine ecco io, che in questa città chiusa da troppe colline m'ingolosisco di mare, perché una passeggiata sulla sabbia fredda, una cena in un ristorante con le lanterne di carta appese al soffitto, sono un gesto e una tenerezza cui non so rinunciare. Lasciate che ve ne parli. Appena tutto diventa scuro - nel tempo che ci mette il cameriere a servirmi i tagliolini al salmone - le onde fino ad allora mute fanno quel mugugnìo d'abisso che atterrisce. A patto di essere solo, che se un'amica mi ha accompagnato la paura sfiora e va, non siede a tavola con noi, capisce che è di troppo e prende la strada sua. Lì comincia il corteggiamento, una serie di parole e gesti galanti che raccontano la differenza tra i gentiluomini - al cui club spero di appartenere - e i trogloditi. Non amo mai sul serio, quando sono al mare, o meglio: sì, ma riservo l'amore alle agenzie immobiliari, dove cerco bungalow a buon mercato, alle bancarelle di libri usati e ai palloni di plastica fuori dei giocattolai. Il sentimento che avanza è la sceneggiatura di una commedia sofisticata: recitiamo una parte - io e la donna che è con me, - battibecchiamo per finta, e se prima di cena abbiam fatto l'amore camminiamo sazi nella ztl, in cerca di una bigiotteria. Altrimenti ci chiudiamo in camera e attacchiamo fuori Non disturbare, con buona pace degli astinenti. Questo non è tutto, ma è quanto basta per combattere l'intorpidimento dell'anima, che non è solo una conseguenza della pandemia ma una calamità connaturata in certi di noi. Che non flirtano, non viaggiano, non studiano, quando quelle tre azioni sono ciò che ci dimostra intelligenti, ci riempie di senso il tempo e ci fa sentire la pesantezza delle stagioni come fosse una piuma che ci si posa sul cuore. E così sia.
Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra
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