Passa ai contenuti principali

Aranova

Ultimamente, per affetto, scendo di frequente a Torrimpietra, a due passi da Fiumicino, e nelle ultime tre occasioni ho alloggiato in un residence di Aranova, perché dai suoi balconi si vede il mare. Il caso ha voluto che tutte e tre le volte fosse disponibile solo la camera numero diciotto, e così, a dispetto degli altri venticinque mini appartamenti del complesso, tutte e tre le volte ho passato la notte sullo stesso letto, fatto il caffè con la stessa moka, notato la stessa macchia di bruciato sul medesimo piano cottura e acceso a volontà la stessa aria condizionata. L'ultima volta, sabato 9 luglio, l'altroieri. Quella stanza, graziosa assai e ben arredata, ha un tavolo sotto una finestra che a me fa gioco per scrivere, un letto matrimoniale, una cucina con tutto ciò che serve e un bagno luminoso con una grande vasca in cui si entra perfino in due. E poi, sopra un ripiano davanti al letto, ha un televisore che le volte scorse, a suo capriccio, si accendeva da solo. La signora che gestisce il posto mi disse che si trattava di un contatto di cavi, e aggiunse - senza che io ne avessi curiosità - che una cosa ben più strana capitava da qualche tempo a suo marito: aveva comprato la macchina di un ragazzo morto in un incidente e i finestrini, in piena corsa o anche in sosta, si alzavano e abbassavano senza che nessuno li azionasse. Tra coincidenze ed episodi bislacchi ce n'era abbastanza perché mi passasse la voglia di pernottare là dentro, ma io sono un tipo curioso, oltre che un piccolo scrittore, e non mi vergogno di ammettere che perseverai. Ed ecco quello che è successo quarantotto ore fa. Ci tengo a precisare che non sto inventando niente, non mi drogo e sono praticamente astemio, quindi la spiegazione dei sensi alterati non regge. Per raccontare a dovere il singolare episodio, devo aggiungere un particolare decisivo: un mesetto fa comprai al supermercato un paio di occhiali da lettura di quelli alla buona, che costano una dozzina di euro. Sabato li ho messi in valigia e una volta in camera li ho tirati fuori con tutto il resto della roba. Li ho scelti con cura: volevo che fossero sobri, discretamente eleganti. Hanno (ma il tempo di questo verbo ora è improprio) la montatura color nero antracite, che è anche robusta, per quel che li ho pagati. Verso le cinque del pomeriggio vado in bagno, mi siedo sul water e comincio a leggere. Non lo fate mai? Il coperchio chiuso del water è un sedile inaspettatamente comodo. In capo a qualche minuto mi alzo, appoggio libro e occhiali sul bordo della doccia e torno in camera da letto. Rispondo a qualche mail, telefono a mia figlia per dirle che sono arrivato, guardo Geo su Raitre. Un'oretta ancora ed è tempo di uscire. Torno in bagno e la montatura degli occhiali non è più nera: è diventata marrone chiaro, qua e là screziato. Stanno dove li ho lasciati: sopra il bordo della vasca, ma non sono più gli stessi. O meglio: la forma è la stessa, il colore no. Non so se volete delle prove, ma le ho: ho le prove che fino a poco prima gli occhiali erano neri. Ho delle foto. Per il resto dovete fidarvi, e vi assicuro che potete farlo. Non è l'inizio di un romanzo, non ho avuto le traveggole, non vi sto prendendo per il naso. La montatura degli occhiali, da sabato, è rimasta marrone screziato, nessun'altra mutazione. Stamattina li ho riportati in radio, li userò per leggere in diretta qualche racconto misterioso: direi che è il loro destino. E questo, sul mio onore e dopo aver cercato invano spiegazioni razionali,  è davvero tutto.  

Commenti

  1. Son convinta che questa storia non è finita. Che questi occhiali ti faranno vedere altro, che quella stanza ti vuole raccontare qualcosa. Le coincidenze per me, sono punti di connessione fra la realtà tangibile e quella invisibile, ma altrettanto vera. Attendo aggiornamenti 😏 grazie per la condivisione

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Tutto questo è molto intrigante. Se ci saranno aggiornamenti degni di nota, li racconterò.

      Elimina
  2. Forse, la spiegazione è nell'aggettivo che hai usato per descrivere il bagno: luminoso. Magari gli occhiali han catturato un raggio di sole, che li ha scoloriti.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non sono scoloriti, il colore della montatura è proprio un altro. E poi non c'era la luce diretta del sole, in quel momento.

      Elimina
  3. Francesco tutto cio che non si può spiegare ci lascia a bocca aperta ! Tre anni fa il 13 Agosto mi è accaduta una cosa veramente incredibile ,devo dire che mi ha cambiato la vita .

    RispondiElimina
  4. Permettimi di avere dei dubbi sul fatto che ciò che racconti sia reale. Una domanda… dici che hai risposto alle mail, lo hai fatto senza occhiali???😏☺️

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non so se sia reale, so che è successo. Ho risposto alla mail senza occhiali, certo: li uso solo per leggere su carta.

      Elimina
  5. Credo che il folletto della dtanza 18, volesse divertirsi un po' 🧚‍♂️

    RispondiElimina

Posta un commento

Grazie per aver commentato il mio post

Post popolari in questo blog

Lasciami andare

Valerio, avevi ragione, dovevo lasciar andare. Ti ricordi che ne parlavamo? Io trattenevo, aggiustavo, incollavo. Tu dicevi "Sei stato bene con quella ragazza? Basta, non cercarla, non chiamarla". Oppure "Ti manca tuo padre, ne hai nostalgia? No, non darle retta, via, è finita". Dicevi che dovevo conservare la memoria ma senza ogni volta inseguire il passato: io ho sempre pensato che le due cose fossero inseparabili, mi hai aperto gli occhi. Così faccio con le case che ho abitato: non le guardo più le fotografie, che si secchino pure dentro gli armadi. Lasciar correre, lasciare indietro. Un suggerimento sensato, così facendo uno mette a posto il disordine delle stanze, ma si vive meglio in un ambiente in cui tutto è dove deve stare? A questa obiezione facevi spallucce, una finta di corpo - come quando giocavi mezz'ala e io al centro dell'area aspettavo il tuo cross per segnare - e uscivi dal bar. Forse pensavi Che testa di cazzo , ma con tenerezza, perché ma...

Primavera di vento

A Tarquinia c'è un albergo nascosto in mezzo alla pineta, non affaccia al mare, è l'albergo dei nostalgici, degli amanti e delle canzoni d'autore. Tira sempre vento quando ci vado, ma è il vento leggero del Tirreno che volta le pagine del libro che ho in testa assieme ai ricordi della giovinezza, mai finita e mai rinnegata. In una primavera di vent'anni fa, una primavera anch'essa di vento, ci arrivammo per caso, tu ed io, ragazza amorevole di un'altra vita. Dal litorale non si vede e se non sai che c'è è difficile trovarlo, e noi cercavamo una camera col balcone sulla spiaggia, per cantare un'altra volta il caso, divinità innamorata delle onde azzurre e dei fortunali. Cenammo invece a bordo piscina perché l'hotel segreto ci rapì, e il mare restò una voce di là dalla strada, una prospettiva per l'indomani, l'abisso dentro cui stavamo per cadere dopo quella notte di soprassalti. Ti presi e poi tu prendesti me e alla fine la stanchezza ci rese ...

Il numero settecento

Mi sono perso. Ho girato a vuoto per certe colline che credevo familiari, il gps non prendeva, nei paraggi nessuno a cui chiedere la strada. Cercavo una certa locanda che in una canzone del settantatré viene cantata come un posto di frontiera,  ero certo esistesse davvero, volevo vedere com'è fatta, che gente la frequenta. Quando stavo per darmi per vinto l'ho trovata. I posti come questo, di confine, io li amo, li eleggo a covili di creatività perché là dentro passano mille venti, centomila viaggiatori, e ogni vento e ognuno di quei viaggiatori ha una storia da raccontare, e a intrecciarle ne viene fuori una inedita che ha in sé tutte le intonazioni delle altre ma una stravaganza solamente sua. Quando finisce il giorno in quegli avamposti lontani arriva il silenzio, le voci smettono di bisticciarsi e io posso abitare una veranda con vista sui campi di girasole come fossi in Alabama, e provare a confessare in libertà quello che ho in testa.  Eccola, l'eucarestia  della sc...