Vorrei scrivere d'amore ogni giorno; vorrei scrivere una storia d'amore, metterci un anno e meravigliare tutti, ma non sono capace: ogni volta che comincio a scrivere d'amore poi il discorso prende una strada tutta sua, un viottolo lacustre, un sentiero di brughiera. Probabilmente non so nulla dell'amore di cui son fatti certi romanzi, che pure vanno per la maggiore. So qualcosa, al contrario, dell'amore intermittente, che quando è spento sembra non sia mai neanche cominciato ma quando è acceso vale per tutti i libri nel quale è nominato invano, e ce n'è d'avanzo. Questo è, l'amore mio: terrestre, incespicante, un giorno on e uno off ma devoto, e guai a chi me lo tocca. E dato che siamo entrati nel discorso, mi preme specificare che la forma più evoluta d'amore l'ho conosciuta una volta sola, per il tramite di una coppia che incontrammo al mare, eccentrica e assai poco borghese. Avevano - moglie e marito - una decina d'anni più di noi, stringemmo quella fragile amicizia che si stringe in spiaggia, oggi non mi ricordo nemmeno come si chiamavano. Sta di fatto che una sera cenammo insieme e poi passeggiando per le bancarelle del litorale formammo due coppie: uomo con uomo e donna con donna. Lontano a sufficienza dalle orecchie della moglie, lui mi raccontò che erano sposati da trent'anni e che più di una volta si erano traditi. Reciprocamente, e mai con completo pentimento. Poi una volta, un paio di anni prima, avevano organizzato una vacanza per fare il punto della situazione. Si erano ritrovati su un pontile sgombro di pescatori, s'erano abbracciati, erano rimasti a guardare le onde che scurivano fino a che non ne avvertirono l'inconsistenza, di tutti quei sotterfugi. "E ci perdonammo" - così mi disse. "Ci perdonammo anche se non c'era niente da perdonare, perché l'amore è uno e le tentazioni molte, e questo lo sapevamo tutti e due". Finì che su quei due sciroccati anni dopo ci scrissi davvero un libro, inventando la scorza e lasciando intatta la polpa. Ma come temevo, e per mia fortuna e disdetta, non somigliava a nessuno dei romanzi in cima alle classifiche.
C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...
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