So di non averla inventata io, la nostalgia a breve termine, ma mi piace pensarlo. Parlo della nostalgia che si prova per la brigata che c'era ieri al ristorante, per il film del pomeriggio, l'amore occasionale della sera e la casa allegramente in disordine stamattina. Mi riferisco a quella nostalgia che vale un soldo e una scarpa sfondata, che non ha velleità da romanzo eppure è orgogliosa e presente, ospite che non viene mai a noia. Basta che mi volti e lei è ancora qui, anzi è uscita un istante ma sta per tornare, e ha lasciato la sua idea di giorno perfetto conficcata nella memoria. Non confondetela con la nostalgia della giovinezza, del primo amore, della casa al mare di quando c'erano i vostri genitori e l'affittavate per un mese intero. No, quella è la nostalgia possente, la spina dorsale delle vite dei sognatori che sognano a rovescio - rivolti al passato anziché al futuro. Questa che dico è una nostalgia low cost, cotta e mangiata, che mica viene sempre per ogni gesto che fate - nossignori, - ma solo alla fine di ogni gesto che se la merita, e talora a metà di quelli che, mentre li compiete, dentro ne han già il sospetto. A me capita la mattina, quando esco dalla radio e penso a tre ore prima, a quando ci sono entrato. O a tornare da solo in collina il lunedì, dopo che la domenica ci son salito in compagnia. Oppure a guardare la camera di mia figlia quando è partita da un minuto, e ha lasciato i trucchi, lo specchio, il carica batterie a parlare di lei. Ecco il tuo difetto più grande - mi disse un giorno una donna cui avevo mostrato questa perversione. Di che parli? - gli domandai. E lei: Del fatto che stai bene soprattutto con chi ama i tuoi racconti, e non si stufa di starti a sentire. Le avevo manifestato tenerezza per quel che era stato il nostro mattino, distante appena una dozzina di ore, e lei credette che stessi a giocare, a fingere, a recitare. Non ci fu verso di farle cambiare idea: la tenerezza delle vicende appena trascorse quella ragazza non la intuiva. E si convinse che giocare, fingere e recitare siano gli unici atti di cui son capaci i narratori.
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