Insomma a un certo punto a Ben viene regalata una muta da sub e i genitori lo costringono a provarla nella piscina di famiglia, davanti a tutti gli amici schierati. Succede a pagina 47 de Il laureato, romanzo di Charles Webb da cui Mike Nichols trasse nel '67 quel film strafamoso con Dustin Hoffmann. L'ho letto tutto stanotte, tra Natale e santo Stefano, non avevo sonno e non avevo nessuno con cui scambiare quattro parole d'amore. Non lo avevo mai letto, pur avendo visto il film un sacco di volte, sempre in compagnia. Se vai alla ciccia della storia, che è quello che tento sempre di fare, ci trovi la rappresentazione perfino teatrale della borghesia, sia maledetta lei e chi l'ha inventata. Lo so che è stata un'evoluzione naturale della società europea, una decina di secoli or sono, ma qualche volta mi ritrovo a immaginare come sarebbe oggi il mondo se all'uomo non gli fosse venuta l'idea di crearsi il lavoro da sé, di inventarsi un mestiere e di sperimentare il potere dell'autonomia. Che è anche una bella cosa, moderna, ma si è portata dietro una serie di perversioni forse inevitabili: la costituzione di una classe chiusa, elitaria, ricca, sfruttatrice e derisoria. E l'ultima qualità è probabilmente la peggiore. Vedete, gli aristocratici non erano poi male: nella maggior parte dei casi erano dei poveri dementi, facilmente manipolabili e fatalmente spazzati via dalla storia, dei ritardati con un blasone. I borghesi invece hanno sempre avuto dalla loro scaltrezza e ingegno, e la stupefacente capacità di far credere al popolo che il loro avvento sarebbe stato una fortuna per tutti. Che tutti grazie a loro si sarebbero arricchiti. La società statunitense del Novecento ne è un esempio perfetto, il libro di Webb è uno dei tanti modelli letterari (come Salinger, come Kerouac) pensati contro quell'abominio. La borghesia è la madre del consumismo e del capitalismo, le due principali armi di distrazione di massa di questo e di altri tempi. Tutto è un servizio, con la borghesia, non una opportunità. Tutto è mercato, l'arte è una merce, la borghesia se ne è impadronita, l'arte ha perso la sua indipendenza, sei artista soltanto se fatturi cifre importanti. E poi la derisione, che nel Laureato, in quella scena della muta da sub, diventa addirittura didascalica. Gli amici del padre che deridono Ben perché non si adatta al modello familiare, e sghignazzano mentre annaspa. Uguali sono oggi i padroni del mondo, ci vendono la merce, ci guardano annaspare per procurarci il denaro necessario e ridacchiano tra loro. E a noi va bene così.
C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...

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