Ho un paio di amici che si sono sposati per caso, e quei matrimoni così fortuiti resistono al tempo, anzi forse col tempo si sono perfino consolidati. Poi ho dei conoscenti le cui storie più longeve sono nate all'improvviso, inaspettatamente, e sono anche quelle, a sentir loro, di cui han più nostalgia. Ne deriva che più gli andiamo incontro, all'amore, più quello si divincola, gli venisse un colpo: è lui che governa le cose, specie di principe anarchico che non è altro. Volete le prove? Eccone una, e valga per tutte. Ad Alfredo, il più eccentrico di quegli amici, l'amore è caduto addosso mentre smadonnava perché un furgoncino gli si era piazzato davanti all'entrata del garage. Immaginatevi la scena: sono le due di pomeriggio di un agosto feroce, Alfredo deve salire da sua madre a portarle l'insulina e trova il passo carrabile occupato. Chiama la municipale ma naturalmente a quell'ora sonnecchiano tutti, gli dicono che arriveranno appena possibile e invece non arrivano manco per sbaglio. Si rassegna a parcheggiare un chilometro lontano, torna a piedi sotto il sole giaguaro imprecando come in un film di Tarantino e giusto in quel mentre - ecco la casualità - arriva a passi lenti la proprietaria del furgoncino, candida candida, imprcettibilmente accaldata e obiettivamente magnifica. Da questo punto in avanti le versioni di Alfredo e Rosé - così si chiama la ragazza - divergono. Lui giura che a tutta prima si è inalberato e gliene ha cantate quattro e poi otto; lei che appena l'ha vista si è perso in un balbettio di Ma non fa niente, ma si figuri, capita anche a me di parcheggiare dove non dovrei, non andavo poi così tanto di fretta e scemenze del genere. Comunque stiano le cose, il risultato è che la sera dopo escono a cena e in capo a un anno si sposano con rito civile, davanti all'assessore alle infrastrutture. Del resto, un matrimonio lo è, una infrastruttura, e anche parecchio impegnativa, per cui: tutto nella norma.
C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...
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