Devo aver dormito un sacco, perché quando sono andato a letto eri piccola ed ora sei una donna. Al botteghino del Politeama, non più tardi di una settimana fa, la ragazza coi capelli corti non ci ha fatto entrare: credeva che Monster house ti avrebbe spaventata. Io ho tentato di dirle che a cinque anni avevi già visto tutti i film di Tim Burton e lei, cercando un compromesso, ci ha proposto Cars in un'altra sala, giurando che era più adatto a te. A parte che a vedere Cars mercoledì l'altro ti eri addormentata e avevo dovuto portarti dolcemente in braccio fino a casa, ma poi quella tipa che diavolo ne sa di cosa ti fa paura e cosa no? Neanche quando ti sei rotta la tibia hai avuto paura. All'asilo sei caduta dall'altalena, e mentre io e tua madre ti portavamo all'ospedale sembrava stessimo andando in vacanza: canticchiavi. Le volte che ti lasciavo vincere a ping pong ti arrabbiavi: volevi vincere senza aiuti, come fanno in ogni campo le persone di una certa stoffa. Tu sei di stoffa pregiata, lo sei dalla nascita, e non certo per merito mio, al massimo di tua madre. E insomma oggi mi sono svegliato e la bambinetta che mi girava attorno, mangiava quel che maldestramente le cucinavo, mi chiedeva perché si scrivono i libri, giocava a pallacanestro con più felicità se la andavo a guardare, mi aspettava col grembiule fuori della scuola, ha preso la macchina e ha detto Ciao Frà, vado a lavorare. Le ho ricordato di non fumare troppo, di mandarmi un messaggio se non torna a dormire, di fare le cose secondo un certo verso. Sono raccomandazioni superflue, fa già senza amnesie ciò che le ripeto continuamente di fare: sono io che non riesco a starmi zitto. A quel punto - la casa calda e vuota - ho messo un disco di Concato, tanto perché la malinconia va accompagnata da un sentimento che le s'apparenti. C'era una tazza lavata male, sul lavandino. L'ho riempita di fiocchi d'avena, latte e yogurt e mi sono seduto a guardare la pioggia che finalmente provava a spegnere l'estate feroce.
Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra
❤️
RispondiEliminaGrazie del cuore
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