Passo davanti alle vetrine dei negozi chiusi, è la vigilia di Natale, sono le dieci del mattino e per la strada non c'è nessuno. Le commesse hanno vestito a festa i manichini, con maglie rosse e sciarpe sgargianti, ma la festa non c'è. I saldi non sono ancora incominciati, la paura del contagio non è ancora finita, i locali sono bui tranne che per certe piccole lampade rotonde che gettano una luce giallastra sul pavimento, come un disco volante che stia per atterrare. Mi fermo a guardare, anche se non c'è niente da guardare e non posso comprare la giacca nuova che avevo in mente. Immagino la vita degli oggetti, là dentro, il parlottio tra le ciabatte e le moffole, ognuna pensa di essere più utile dell'altra perché i piedi si freddano più delle mani, e con le mani però si lavora, e dunque han più bisogno di tepore, e finiscono per bisticciare. Vorrebbero sgranchirsi le gambe, i pantaloni di velluto, ma poi perderebbero la riga e da soli non son capaci a rifarla. E le camicie di flanella son stanche di star crocifisse sulle grucce, e pagherebbero una fortuna per rilassare un po' le braccia, e smetterla di stare in posa. Accomuno la loro condizione alla mia, che sono libero per modo di dire, e non soltanto in questo tempo di pandemia: sempre, da che sono nato. Vorrei liberarmi delle pareti, quelle che si vedono e quelle che no, soffro di claustrofobia anche all'aperto. E vorrei che tutti i miei ragionamenti contorti diventassero luminosi, e tutte le parole che scrivo avessero il pregio della bellezza, dell'esperienza e dell'ammonimento, e non fossero solo scene di una commedia applaudita lì per lì e poi dimenticata. Invidio allora il destino degli abiti, che non decidono per sé, che non progettano, che non stanno in pena per un emocromo o un figlio che non torna in orario. Vorrei essere anch'io un vestito che gli altri indossano, tolgono, mettono in lavatrice, stirano, buttano via. Così sarei irresponsabile, e me ne infischierei. E le mie azioni sarebbero quelle di chi io vesto, e i miei passi quelli di chi io calzo. E vivrei a rimorchio di chi s'affanna, e sarei, bello e pacioso, solo una roba morta, che non ha desiderio.
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