Tutte le volte che ho la tentazione di salire lassù, scopro che quella tentazione è paradossale, perché non solo è innocente ma al contrario delle altre tentazioni, alleggerisce, anziché appesantire. Il problema è convincere lei ad accompagnarmi - la mia amante, dico - perché sa che cammin facendo mi libererò della sua presenza uno strato alla volta, come vestirsi a cipolla, sentir caldo, e buttare dal finestrino maglie e calzoni pesanti. Non le piace farsi lasciare a terra - come darle torto? - ma è una specie di rito che ha senso solo se lei mi asseconda. È vero: con quegli alberi e il convento, la messa prefestiva delle 18, il tau per cui lasciare un'offerta e il panorama silenzioso, lei non ha nulla a che fare: è un ingombro, un peso; è fatua, meschina. Protesta, sbraita, mi ama - giura - e non mi lascerà mai, ma già al primo tornante, tra Sant'Urbano e Altrocanto, impallidisce, è spaventata, uggiola, sa dove stiamo andando e si pente d'avermi detto sì, ma solo non...
Sdraiato sui binari: diario di bellezze malsincere in attesa del treno. Sperando che porti ritardo.