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Eppur si muore

Chissà che passa per la testa al padreterno quando scopre che gli manca il quarto e ci convoca all'improvviso per un doppio a tennis. L'ho fatto pure io di prender su il telefono e chiamare Claudio all'ultimo minuto ma insomma, la situazione era un tantino differente. Lui invece vuol giocare a tutti i costi, ha prenotato il campo, non sente ragioni, gli altri due stanno già palleggiando sul sintetico, il suo compagno s'è dato malato - perché a giocare con dio ci vuole fegato, non te ne perdona una - e lui piglia e ti chiama. Noi lo definiamo caso ma lui ha un elenco preciso cui attingere, a seconda delle esigenze. Oggi voleva giocare e così ha pensato a Giorgio. Ha calcolato i tempi, gli ha conficcato un'arancia in testa e l'ha costretto a mettersi scarpette e pantaloncini. "La racchetta ce l'ho io - gli ha detto condiscendente; - tu sbrigati a venir su". E così è andata. O altre volte fa esplodere globuli bianchi in maniera esponenziale perché gli serve una cuoca sopraffina per un suo ricevimento del cazzo; o sposta una Golf con una schicchera del dito e la fa finire contro il guard rail, perché gli salta di far due chiacchiere con un viaggiatore di commercio. Sai che divertimento, tra l'altro.
E insomma è così. Se ne infischia se uno deve finire di pagare il mutuo, o vuole andare a letto ancora una volta con la donna della propria vita perché mille volte l'ha fatto e non è ancora sazio, scoprire chi vincerà il campionato, viaggiare in Andalusia, vedere il nuovo Zemeckis arrampicato sulle Torri Gemelle. Dice: "Nasconditi! Non farti vedere!". Lui vede e provvede, altro che storie. L'uomo propone e dio indispone. Ma finché respiriamo, io direi che è meglio dare filo da torcere a tutti i progetti disumani che stanno dentro il suo cuore. Arido, spento, pietrificato come la foresta fossile che sta dalle mie parti.

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Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra

Tre circostanze fortunate

Tu adesso chiudi gli occhi che io ti do un bacio. Chiudi gli occhi perché il bacio non devi vederlo arrivare, devi fare in modo che l'attesa sia una fitta dentro al petto, che la mia bocca s'aggrappi alla tua quando non ci contavi più, quando pensi che me ne sono andato e t'ho lasciata là, ingannata e cieca. Mentre aspetti il tempo ti sembrerà differente - il tempo dell'attesa di un bacio sfugge alla gabbia consueta - e se alla fine ti chiedessero di contarlo dovresti fare come i bambini, con le dita, e sarebbe lo stesso un inganno. Non è una questione di età, io ho la mia e tu la tua, non siamo alle prime armi. Ma anche la tenerezza - perché è di questo che stiamo parlando - muove con un tempo tutto strano, asincrono, ed è la stessa di quando avevamo vent'anni - tu più di recente - rinvigorita però dall'autostima, che alla giovinezza non si addice. Poi vorrei tenerti addosso, come in quella canzone di Paoli, stringerti alla mia camicia bianca e dirti che probab

Alcune ragioni contrarie all'infelicità

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