Qualche volta da ragazzini, tornando dal campo di pallone, le incontravamo che scendevano a stormo verso san Girolamo, proprio come le rondini di quella magnifica canzone di Castelnuovo che ancora non era stata scritta. Noi sudati, bellicosi, pieni di ormoni in circolo; loro pudiche, prive a guardarle di qualsiasi istinto animale, mormoravano parole impercettibili, preghiere segrete e flebili canti di devozione. Eravamo l'inferno e il paradiso, per quanto potessero essere inferno dei quattordicenni che sì, avevano in testa una cosa sola (quella) ma facevano più che altro tenerezza, con tutto quell'armamentario di volgarità. Loro, le suore, non erano mai meno di sette o otto, mai più di dieci o dodici: era come se uscissero dal convento in numero sufficiente a darsi man forte ma pure tale da non apparire sediziose. Un giorno mollai i ragazzi della via Pal e con la maglietta fradicia mi misi a seguirle. Volevo capire che vita facevano, ascoltare i loro discorsi, rubare la loro intimità. Qualcuna era giovane, aveva pochi anni più di me, mi sarei potuto innamorare seduta stante e anticipare di qualche stagione il mio primo peccato mortale. Quella più bella aveva vent'anni, alla fontana dei giardini si chinò per bere e le si scoprì il collo, ed era magnifico, come in certi libri quelli degli amori segreti. L'avrei baciata senza neanche pensarci, tra la gola, il mento e le labbra, per lo scandalo di tutte le altre, io che non avevo ancora baciato nessuna, e dopo l'avrei convinta a ripensarci, a quella faccenda della vita claustrale. Lei se ne accorse, che la fissavo, e indugiò maliziosa all'acqua, peccatrice per vanità, e scostò i capelli, e audacemente mi sorrise. Poi andarono via e all'ultimo sentii che con un'altra novizia, in disparte dal gruppo, parlava di uomini. Perché c'era un ragazzo che vendeva scampoli al mercato del sabato, bello libero e ignorante, e presero a immaginarne il nome. Dissero Luca, poi Matteo, e dissero Giovanni e infine Massimiliano. No, decisero insieme, il nome di un evangelista meglio di no, ed elessero Massimiliano, arrossendo. Era il loro modo, immagino, di far l'amore con uno sconosciuto, inventarne il battesimo ed esserne riempite.
C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...
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