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L'intrusa

Una ragazza mai vista mi si infila in macchina mentre sono fermo al semaforo. Mi dice Non spaventarti, non sono una malintenzionata, ho solo bisogno di uno strappo. In quel momento il semaforo torna verde, non mi metto a protestare, agisco d'istinto, ingrano la prima e parto. Fino all'incrocio successivo non diciamo una parola, io sono in realtà un tantino scosso, lei è tranquilla come se quegli abbordaggi li compisse ogni giorno, e fossero una specie di tecnica per scaricare lo stress. La direzione è quella giusta? - riesco finalmente a chiederle. Caro mio, io vado da sempre dove vai tu - mi risponde. Le luci della città cominciano ad accendersi, è quasi notte, un'ora fa ha piovuto con una certa convinzione, ho le gomme lisce, devo andare piano o rischiamo di slittare, sull'asfalto unto. La guardo un paio di volte, voltando la testa verso di lei: adesso mi sembra di conoscerla ma non saprei dire dove l'ho già vista. Lei guarda avanti, gli occhi sulla strada senza n...
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Foto di famiglia

C'è stato un tempo, ormai morto, in cui la famiglia allargata si radunava la domenica per il pranzo solenne e per le partite di pallone . Non tutte le settimane, ma se capitava che a qualcuno venisse l'idea, si facevano le cose per bene. Vi racconto come. Allora, non si poteva cominciare a mangiare più tardi dell'una perché altrimenti non ci sarebbe stato il tempo per il liquore e per digerire almeno la lasagna, anzi che ci fosse il calcio d'inizio . Alle tre la tavola doveva essere sgombra, a parte i dolcetti che venivano lasciati per chi si fosse fatto goloso tra il primo e il secondo tempo. Le donne di casa erano onorate di fiori e promesse di pomeriggi al cinema , in cambio del menù che avevano preparato, e naturalmente gli uomini lavavano i piatti e rigovernavano il disordine. La stanza del camino, da sempre detta misteriosamente cucina vecchia , che in realtà cucina non era mai stata, era la nostra tribuna Monte Mario . Si schieravano le poltrone a semicerchi...

Alfredo

Alfredo mi dice a che serve uno scrittore . Non è che me lo chiede, e del resto lui non lo è: me lo dice proprio. Me lo dice perché intuisce talora in me una qualche stanchezza e vorrebbe che io non smettessi di scrivere. La tentazione ce l'ho, naturalmente. Ce l'ho quando faccio una fatica del diavolo per un risultato  trascurabile, ce l'ho quando mi ricoprono di elogi ma poi per vendere un libro devo raccomandarmi ai santi, ce l'ho quando un idraulico per cambiare una guarnizione e con dieci minuti di lavoro mi chiede ottanta euro. Alfredo mi prega di non smettere, un po' perché gli piace quello che scrivo (sono il suo sollazzo preferito) e un po' perché ha intuito che se c'è una cosa che potevo fare nella vita è questa. Mi invidia perché vivere di parole è fantastico, ma lui fa il commercialista, capite che razza di paraculo? Siccome gli voglio bene da che andavamo a scuola insieme, lo sto a sentire più di quanto stia a sentire tanta altra gente. Mi ra...

Domenica

Papà la domenica era di buon umore, mi mostrava il buon umore in quel modo: una volta alla settimana. Prendeva e usciva, ma prima si radeva per bene e se era davvero contento, non solo ilare, si metteva una cravatta di lana e una giacca che non ci diceva un gran che. Lo aspettavo a casa, avevo sette, otto anni. Andava e sembrava non tornare mai, sostava in piazza coi suoi amici neanche quarantenni, oggi morti o decrepiti, e questo dà la misura del tempo, che è un fantastico ingannatore. La domenica papà aveva le mani bucate, oltre al buon umore, e anche questa era una stravaganza settimanale, una vacanza non so quanto consapevole dalla parsimonia. Tornava col Messaggero , Epoca , le figurine degli animali , e si metteva a leggere in poltrona, come pare facessero milioni di italiani la domenica verso l'ora di pranzo. Fuori, per la strada, sui treni, sugli aerei, ammazzavano la gente come fosse un film e io attaccavo l' ornitorinco e il fennec , stando attento a restare nei bord...

Sette vite

Vorrei avere altre sei vite, oltre quella presente, come il gatto che incrocio scendendo per via Aspromonte, e che mi guarda sospettoso, chiede da mangiare e se ne va quando vede che non ho niente. In una vorrei essere lo scrittore che non sono, più lucido, più spietato, che non giri intorno alle cose ma le centri con la mira del Sagittario, che sia capace di farti innamorare, amica mia, e non abbia bisogno di scrivere per curarsi, e lo faccia invece solo per capriccio. In un'altra vorrei essere un ministro, quello della gentilezza, vorrei proporre una museruola per tutti quelli che in tv si insultano, sbraitano, come ha cominciato a fare Sgarbi quarant'anni fa, cattivo esempio se mai ce n'è stato uno, per questo povero popolo. In una terza vorrei essere un filosofo, vorrei scrivere un libro sulle idee, dimostrare che non sono tutte uguali, e che se tu sei un Borgonovo, un Feltri, un Capezzone, un Sallusti, e pensi che le idee razziste, misogine, ciniche, miopi che hanno pa...

Oltre ogni ragionevole dubbio

Cosa vuol dire andar via, quale coraggio ci vuole. Non solo a parlarne, proprio a tagliare la corda. Scappare ha un che di romanzesco perché qualcuno ti verrà dietro, per imitarti o per convincerti a tornare a casa, scappare ti trasforma in personaggio, ti garantisce l'immortalità. Scappare. Ma anche a restare nel campo da gioco infernale di questo tempo immondo ci vuol coraggio. E a fidarsi di te, a credere che mi vuoi bene quando le apparenze sono contrarie, a tener dietro alle parole strane che dici, un giorno d'amore un altro di derisione. Io mi fido delle mie, di parole, ma neanche tanto, perché anche loro possono diventare un inganno, magari in buona fede. E sono costretto a fidarmi di quelle degli altri sennò resto senza voce: ogni parola che scrivo ha parole madre e parole padre, è un problema di attendibilità. Tutte le mie idee sono la conseguenza di narrazioni di altri, non ho quasi mai verificato di persona se le cose alle quali si attaccano accadono davvero e se pur...

La maggioranza

Il giorno in cui la scuola della strada sostituirà la scuola della scuola, saremo fregati. Non è lontano il giorno in cui la maggioranza sarà quella che dubita della storia com'è narrata e se ne infischia delle regole della lingua italiana, e che deride la professionalità di chi ha due laureee e parla cinque lingue dall'alto della propria frequentazione all'università della vita. Non è neanche lontano il giorno in cui non si dovrà provare più nessuna incauta teoria per dargli corpo, basterà postarla sui social e la validità scientifica di un esperimento sarà considerata eresia, e quelli che si ostineranno a ricercarla verranno messi al rogo. Questo abominio è cominciato da un po' ma io me ne sono accorto in ritardo. I primi sintomi a scuola, anni fa, quando qualche genitore piombava in classe e mi suggeriva quali tecniche adottare per far scrivere meglio suo figlio. E una volta per strada uno che balbettava mi spiegò cosa dovevo fare per migliorare la mia voce in radio....