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Pagina centouno

Una volta che avevo vent'anni mollai un libro d'amore a pagina cento perché c'era una ragazza che mi spaccava il cuore, e decisi che era meglio viverla, quella passione, che leggerla. Viaggiammo per un po' insieme, inseparabili, uno scherzo di tempo che adesso sembra il vanto di una sera d'estate, eppure, lo giuro, è stato interminabile, tanto che lo fraintesi infinito. Alla giovinezza preferimmo la libertà, tutte e due insieme non si possono avere. Alle tentazioni preferimmo la fedeltà, e fu una stagione di luci specchiate sull'acqua, in qualche posto di mare lontano dal tempo che invecchia. C'era questa indispensabilità reciproca che non auguro a nessuno, se non volete impazzire. Anche meno, ragazzi, anche meno. Innamoratevi, sì, fatelo, è divertente, è un brivido a qualunque età, non crediate che alla mia non succeda. Ma nutrendo sempre il sospetto che sia un abbaglio, un'infatuazione, e privilegiando sempre un po' di ginnastica come si deve a una...
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La bufera

Due anni fa tornavo da Parma con un'amica. Mi aveva accompagnato a un festival letterario, secoli prima era stata mia allieva, ora aveva trentasette anni, una compagna fissa da parecchie stagioni e una venerazione decisamente esagerata per quello che scrivevo. Prima di Firenze cominciò a nevicare, era tutto bianco, il cielo e la strada, ci fermammo a un autogrill ad aspettare che smettesse. Col cappuccio in testa andai a prendere due caffé e due brioches e ci chiudemmo in macchina col riscaldamento a palla. Altri viaggiatori fecero come noi e il piazzale del Pavesi si riempì di auto in sosta forzata, piene di rappresentanti imbufaliti, amanti che il ritardo avrebbe fatto sgamare e dentisti che tornavano dalla settimana bianca. Il bello è che non eravamo mai a corto di argomenti, e non c'erano cose di cui con lei non avrei potuto parlare, la totale assenza di sottintesi erotici ci rendeva liberi e leggeri. Così, sfrontatamente, a un certo punto mi chiese se mi ero più innamorato...

Papà e l'avvocato

Pochi mesi prima di morire - ma non sapendo ancora di essere malato - mio padre mi chiese se gli procuravo dei dischi di Paolo Conte, che gli era venuta voglia di belle canzoni. Si era creato uno spazietto tutto suo, tra il camino e la finestra che dà sul vicolo, nella parte più antica di casa, e ci aveva piazzato uno stereo che gli avevo regalato io e un po' di cassette di musica classica. Io gli dicevo che il suono dei cd era migliore e che glieli avrei comprati ma lui insisteva che gli piaceva così, non era il caso di star dietro a tante modernerie. Quando telefonavo ai miei rispondeva sempre mamma, perché papà era con le cuffie alle orecchie. Amava isolarsi dal mondo dopo essere stato per tutta la vita al centro del caos: la tabaccheria in piazza, rumorosa, fumigante, zeppa di varia umanità come un porto di mare. Fu un tempo relativamente sereno, in cui mi chiese anche se gli sintonizzavo la radio sui miei programmi e in cui, di tanto in tanto, lo intuivo felice. Aveva fatto la...

Dialogo d'amore

Lei disse Smettila di scrivere di me, lui disse Non scrivo di te, cosa te lo fa pensare? lei rispose Smettila di scrivere di me, smettila, smettila, lui allora disse Smettila tu, sei convinta che scriva di te e finirai per convincere anche me se non la smetti, lei disse Sei tu che devi smetterla, smetti di scrivere di me, non posso essere quella di cui scrivi, non posso, non posso, lui disse Non sei quella di cui scrivo, non esiste nessuna di cui scrivo, lei disse Non è vero, lui disse Certo che è vero, non esiste nessuna di cui scrivo, non esiste, quella di cui scrivo è una fantasia, lei disse Io non sono una fantasia, lui disse Ed è per questo che non sei quella di cui scrivo, lei disse Bugiardo, bugiardo, come tutti gli scrittori, lui disse Sì bugiardo, ma questa volta no, lei disse Vuoi farmi credere che non mi ami? lui disse Non voglio farti credere niente, non ho detto che non ti amo, lei disse Allora vedi che mi ami? lui disse Anche se fosse potrei amarti senza dover scrivere di...

L'amore terreno

Una settimana fa, mentre ero in giro senza ombrello in una città non mia, improvvisamente mi si rovesciano addosso pioggia e vento, e allora mi rifugio in chiesa. La tempesta ha lavato le strade, sono tutti chiusi in casa, è aperto solo un tabaccaio ma è troppo lontano. C'è la messa, sta cominciando l'omelia. Sono le sei di pomeriggio, i fedeli sono pochi, una quindicina, il prete avrà quarant'anni, il piglio di un guerrigliero boliviano, la barba folta e mal curata, gli occhi fiammeggianti. Sono attratto dai tipi così, sono estremamente letterari, come tutti gli eccentrici, per cui mi fermo ad ascoltarlo sedendomi accanto a un braciere di candele, in cerca di tepore. Il discorso che fa sull'amore mi suona curioso, sarà che io ho un concetto di amore molto terreno. Lui parla invece dell'amore di Dio, e non potrebbe essere altrimenti, quello è il suo capo. La parte della predica che mi convince poco è quando dice che non dovremmo perder tempo a innamorarci delle pers...

Il bene che facciamo

La signora gatta, madre di mille figli perduti, annusa i ritagli di carne che le ho dato e decide che non le piacciono, ma non si sottrae alle mie carezze. La radura è umida come tutta la campagna di novembre, appena uno spicchio di sole cade in un angolo, ed è lì che vado ad abitare per mezz'ora, munito di poltroncina, libro di mille pagine e memorie leggere che scendono dalle colline. C'è un bene che è quello sponsorizzato dai preti di tutte le religioni del mondo, e un altro perverso e scosceso, che è quello che praticano gli scrittori quando ci danno dentro, e anche i musicisti mentre arrangiano un pezzo nuovo, e i pittori sfrontati di donne appariscenti. Sono due tipi di bene neanche troppo distanti, entrambi hanno come obiettivo la consolazione del genere umano, solo che nel primo caso per mezzo di noiose opere di carità, nel secondo per il tramite dell'arte, e se permettete è tutta un'altra storia. Prima che il sole sparisca anche da quel pizzo di giardino me ne ...

L'intrusa

Una ragazza mai vista mi si infila in macchina mentre sono fermo al semaforo. Mi dice Non spaventarti, non sono una malintenzionata, ho solo bisogno di uno strappo. In quel momento il semaforo torna verde, non mi metto a protestare, agisco d'istinto, ingrano la prima e parto. Fino all'incrocio successivo non diciamo una parola, io sono in realtà un tantino scosso, lei è tranquilla come se quegli abbordaggi li compisse ogni giorno, e fossero una specie di tecnica per scaricare lo stress. La direzione è quella giusta? - riesco finalmente a chiederle. Caro mio, io vado da sempre dove vai tu - mi risponde. Le luci della città cominciano ad accendersi, è quasi notte, un'ora fa ha piovuto con una certa convinzione, ho le gomme lisce, devo andare piano o rischiamo di slittare, sull'asfalto unto. La guardo un paio di volte, voltando la testa verso di lei: adesso mi sembra di conoscerla ma non saprei dire dove l'ho già vista. Lei guarda avanti, gli occhi sulla strada senza n...