Pochi mesi prima di morire - ma non sapendo ancora di essere malato - mio padre mi chiese se gli procuravo dei dischi di Paolo Conte, che gli era venuta voglia di belle canzoni. Si era creato uno spazietto tutto suo, tra il camino e la finestra che dà sul vicolo, nella parte più antica di casa, e ci aveva piazzato uno stereo che gli avevo regalato io e un po' di cassette di musica classica. Io gli dicevo che il suono dei cd era migliore e che glieli avrei comprati ma lui insisteva che gli piaceva così, non era il caso di star dietro a tante modernerie. Quando telefonavo ai miei rispondeva sempre mamma, perché papà era con le cuffie alle orecchie. Amava isolarsi dal mondo dopo essere stato per tutta la vita al centro del caos: la tabaccheria in piazza, rumorosa, fumigante, zeppa di varia umanità come un porto di mare. Fu un tempo relativamente sereno, in cui mi chiese anche se gli sintonizzavo la radio sui miei programmi e in cui, di tanto in tanto, lo intuivo felice. Aveva fatto la...
Lei disse Smettila di scrivere di me, lui disse Non scrivo di te, cosa te lo fa pensare? lei rispose Smettila di scrivere di me, smettila, smettila, lui allora disse Smettila tu, sei convinta che scriva di te e finirai per convincere anche me se non la smetti, lei disse Sei tu che devi smetterla, smetti di scrivere di me, non posso essere quella di cui scrivi, non posso, non posso, lui disse Non sei quella di cui scrivo, non esiste nessuna di cui scrivo, lei disse Non è vero, lui disse Certo che è vero, non esiste nessuna di cui scrivo, non esiste, quella di cui scrivo è una fantasia, lei disse Io non sono una fantasia, lui disse Ed è per questo che non sei quella di cui scrivo, lei disse Bugiardo, bugiardo, come tutti gli scrittori, lui disse Sì bugiardo, ma questa volta no, lei disse Vuoi farmi credere che non mi ami? lui disse Non voglio farti credere niente, non ho detto che non ti amo, lei disse Allora vedi che mi ami? lui disse Anche se fosse potrei amarti senza dover scrivere di...