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Dialogo d'amore

Lei disse Smettila di scrivere di me, lui disse Non scrivo di te, cosa te lo fa pensare? lei rispose Smettila di scrivere di me, smettila, smettila, lui allora disse Smettila tu, sei convinta che scriva di te e finirai per convincere anche me se non la smetti, lei disse Sei tu che devi smetterla, smetti di scrivere di me, non posso essere quella di cui scrivi, non posso, non posso, lui disse Non sei quella di cui scrivo, non esiste nessuna di cui scrivo, lei disse Non è vero, lui disse Certo che è vero, non esiste nessuna di cui scrivo, non esiste, quella di cui scrivo è una fantasia, lei disse Io non sono una fantasia, lui disse Ed è per questo che non sei quella di cui scrivo, lei disse Bugiardo, bugiardo, come tutti gli scrittori, lui disse Sì bugiardo, ma questa volta no, lei disse Vuoi farmi credere che non mi ami? lui disse Non voglio farti credere niente, non ho detto che non ti amo, lei disse Allora vedi che mi ami? lui disse Anche se fosse potrei amarti senza dover scrivere di...
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L'amore terreno

Una settimana fa, mentre ero in giro senza ombrello in una città non mia, improvvisamente mi si rovesciano addosso pioggia e vento, e allora mi rifugio in chiesa. La tempesta ha lavato le strade, sono tutti chiusi in casa, è aperto solo un tabaccaio ma è troppo lontano. C'è la messa, sta cominciando l'omelia. Sono le sei di pomeriggio, i fedeli sono pochi, una quindicina, il prete avrà quarant'anni, il piglio di un guerrigliero boliviano, la barba folta e mal curata, gli occhi fiammeggianti. Sono attratto dai tipi così, sono estremamente letterari, come tutti gli eccentrici, per cui mi fermo ad ascoltarlo sedendomi accanto a un braciere di candele, in cerca di tepore. Il discorso che fa sull'amore mi suona curioso, sarà che io ho un concetto di amore molto terreno. Lui parla invece dell'amore di Dio, e non potrebbe essere altrimenti, quello è il suo capo. La parte della predica che mi convince poco è quando dice che non dovremmo perder tempo a innamorarci delle pers...

Il bene che facciamo

La signora gatta, madre di mille figli perduti, annusa i ritagli di carne che le ho dato e decide che non le piacciono, ma non si sottrae alle mie carezze. La radura è umida come tutta la campagna di novembre, appena uno spicchio di sole cade in un angolo, ed è lì che vado ad abitare per mezz'ora, munito di poltroncina, libro di mille pagine e memorie leggere che scendono dalle colline. C'è un bene che è quello sponsorizzato dai preti di tutte le religioni del mondo, e un altro perverso e scosceso, che è quello che praticano gli scrittori quando ci danno dentro, e anche i musicisti mentre arrangiano un pezzo nuovo, e i pittori sfrontati di donne appariscenti. Sono due tipi di bene neanche troppo distanti, entrambi hanno come obiettivo la consolazione del genere umano, solo che nel primo caso per mezzo di noiose opere di carità, nel secondo per il tramite dell'arte, e se permettete è tutta un'altra storia. Prima che il sole sparisca anche da quel pizzo di giardino me ne ...

L'intrusa

Una ragazza mai vista mi si infila in macchina mentre sono fermo al semaforo. Mi dice Non spaventarti, non sono una malintenzionata, ho solo bisogno di uno strappo. In quel momento il semaforo torna verde, non mi metto a protestare, agisco d'istinto, ingrano la prima e parto. Fino all'incrocio successivo non diciamo una parola, io sono in realtà un tantino scosso, lei è tranquilla come se quegli abbordaggi li compisse ogni giorno, e fossero una specie di tecnica per scaricare lo stress. La direzione è quella giusta? - riesco finalmente a chiederle. Caro mio, io vado da sempre dove vai tu - mi risponde. Le luci della città cominciano ad accendersi, è quasi notte, un'ora fa ha piovuto con una certa convinzione, ho le gomme lisce, devo andare piano o rischiamo di slittare, sull'asfalto unto. La guardo un paio di volte, voltando la testa verso di lei: adesso mi sembra di conoscerla ma non saprei dire dove l'ho già vista. Lei guarda avanti, gli occhi sulla strada senza n...

Foto di famiglia

C'è stato un tempo, ormai morto, in cui la famiglia allargata si radunava la domenica per il pranzo solenne e per le partite di pallone . Non tutte le settimane, ma se capitava che a qualcuno venisse l'idea, si facevano le cose per bene. Vi racconto come. Allora, non si poteva cominciare a mangiare più tardi dell'una perché altrimenti non ci sarebbe stato il tempo per il liquore e per digerire almeno la lasagna, anzi che ci fosse il calcio d'inizio . Alle tre la tavola doveva essere sgombra, a parte i dolcetti che venivano lasciati per chi si fosse fatto goloso tra il primo e il secondo tempo. Le donne di casa erano onorate di fiori e promesse di pomeriggi al cinema , in cambio del menù che avevano preparato, e naturalmente gli uomini lavavano i piatti e rigovernavano il disordine. La stanza del camino, da sempre detta misteriosamente cucina vecchia , che in realtà cucina non era mai stata, era la nostra tribuna Monte Mario . Si schieravano le poltrone a semicerchi...

Alfredo

Alfredo mi dice a che serve uno scrittore . Non è che me lo chiede, e del resto lui non lo è: me lo dice proprio. Me lo dice perché intuisce talora in me una qualche stanchezza e vorrebbe che io non smettessi di scrivere. La tentazione ce l'ho, naturalmente. Ce l'ho quando faccio una fatica del diavolo per un risultato  trascurabile, ce l'ho quando mi ricoprono di elogi ma poi per vendere un libro devo raccomandarmi ai santi, ce l'ho quando un idraulico per cambiare una guarnizione e con dieci minuti di lavoro mi chiede ottanta euro. Alfredo mi prega di non smettere, un po' perché gli piace quello che scrivo (sono il suo sollazzo preferito) e un po' perché ha intuito che se c'è una cosa che potevo fare nella vita è questa. Mi invidia perché vivere di parole è fantastico, ma lui fa il commercialista, capite che razza di paraculo? Siccome gli voglio bene da che andavamo a scuola insieme, lo sto a sentire più di quanto stia a sentire tanta altra gente. Mi ra...

Domenica

Papà la domenica era di buon umore, mi mostrava il buon umore in quel modo: una volta alla settimana. Prendeva e usciva, ma prima si radeva per bene e se era davvero contento, non solo ilare, si metteva una cravatta di lana e una giacca che non ci diceva un gran che. Lo aspettavo a casa, avevo sette, otto anni. Andava e sembrava non tornare mai, sostava in piazza coi suoi amici neanche quarantenni, oggi morti o decrepiti, e questo dà la misura del tempo, che è un fantastico ingannatore. La domenica papà aveva le mani bucate, oltre al buon umore, e anche questa era una stravaganza settimanale, una vacanza non so quanto consapevole dalla parsimonia. Tornava col Messaggero , Epoca , le figurine degli animali , e si metteva a leggere in poltrona, come pare facessero milioni di italiani la domenica verso l'ora di pranzo. Fuori, per la strada, sui treni, sugli aerei, ammazzavano la gente come fosse un film e io attaccavo l' ornitorinco e il fennec , stando attento a restare nei bord...