Insomma a un certo punto a Ben viene regalata una muta da sub e i genitori lo costringono a provarla nella piscina di famiglia, davanti a tutti gli amici schierati. Succede a pagina 47 de Il laureato, romanzo di Charles Webb da cui Mike Nichols trasse nel '67 quel film strafamoso con Dustin Hoffmann. L'ho letto tutto stanotte, tra Natale e santo Stefano, non avevo sonno e non avevo nessuno con cui scambiare quattro parole d'amore. Non lo avevo mai letto, pur avendo visto il film un sacco di volte, sempre in compagnia. Se vai alla ciccia della storia, che è quello che tento sempre di fare, ci trovi la rappresentazione perfino teatrale della borghesia, sia maledetta lei e chi l'ha inventata. Lo so che è stata un'evoluzione naturale della società europea, una decina di secoli or sono, ma qualche volta mi ritrovo a immaginare come sarebbe oggi il mondo se all'uomo non gli fosse venuta l'idea di crearsi il lavoro da sé, di inventarsi un mestiere e di sperimentare...
E una volta, che eravamo ancora ragazzi, a Natale tagliammo la corda, il primo Natale dopo la maturità. Andammo via in quattro, due uomini e due donne, ogni tanto lo facevamo, a vent'anni. Ci eravamo rotti delle feste in famiglia, quelle che adesso mi mancano, ma erano altri tempi, eravamo sciocchi, invincibili, pieni solo di capelli e istinti di ribellione. Tutti e quattro avevamo pagine bianche davanti - l'avvenire era la cosa di cui ci importava di meno - e una confusione di amori sconclusionati e scoppi di vita su quelle alle spalle. Io m'ero trovato dei lavoretti, per luglio e agosto - servii il caffè ai pensionati in un bar di paese, tenni pulita una piscina in un club privato, un pomeriggio accompagnai in macchina una donna bellissima all'aeroporto - per cui avevo quattrini a sufficienza per quella alzata d'ingegno. Caricammo la Golf di giacche pesanti e partimmo. La meta era Polignano a Mare: cinquecentoventi chilometri, una follia. Ci sembrarono un terzo, t...