Il racconto breve è un bacio appassionato, uno solamente, per questo io ne scrivo così tanti, per assaporare ogni volta che posso le labbra che vedo in sogno. Comincio a scrivere e mi avvicino alla tua bocca, arrivo a metà e ti sfioro le guance, poi mi allontano perché capisco che quel che ho scritto non ha struttura, ne butto un gran tratto e ricostruisco da lì, dalle prime rigoline orgogliose, e tiro dritto fino alla fine, così posso finalmente toccarti. Il racconto breve è uscire a cena insieme una volta sola e ricordare quella meraviglia per tutta la vita, una eredità di stupore; il racconto breve è rubare una sera al computo immane della vita intera ed esserle grato per sempre, perché in quella sera ti sei riconosciuto. Il racconto breve è carne che sanguina e sabbia che scivola dal buco delle dita, quando le tieni chiuse a pugno. Il racconto breve è la salvezza, la bellezza, il sortilegio che ti salva in una notte di luna piena dalla licantropia. Il racconto breve è una felicità a breve termine, un impegno che dura uno scherzo di tempo, un amore che non pretende di essere ricambiato, un grumo di parole poggiate sul davanzale accanto a latte e cacao, per le domeniche d'inverno. Il racconto breve non viene a cercarti, non ti chiama, non ti lascia a metà quando caschi dal sonno, è inizio e compimento, è una cosa manifesta tutta in una volta, è la grazia leggera di una ricordanza. Il racconto breve sei tu, amore mio viaggiatore, che in qualche parte dell'universo devi pur abitare, tra le galassie, i buchi neri e i quasar. Il racconto breve è la nostra breve vita, troppo farcita di sottintesi per spiegarsi al cielo, così poco indifesa per non lasciarsi innamorare da tutto
Valerio, avevi ragione, dovevo lasciar andare. Ti ricordi che ne parlavamo? Io trattenevo, aggiustavo, incollavo. Tu dicevi "Sei stato bene con quella ragazza? Basta, non cercarla, non chiamarla". Oppure "Ti manca tuo padre, ne hai nostalgia? No, non darle retta, via, è finita". Dicevi che dovevo conservare la memoria ma senza ogni volta inseguire il passato: io ho sempre pensato che le due cose fossero inseparabili, mi hai aperto gli occhi. Così faccio con le case che ho abitato: non le guardo più le fotografie, che si secchino pure dentro gli armadi. Lasciar correre, lasciare indietro. Un suggerimento sensato, così facendo uno mette a posto il disordine delle stanze, ma si vive meglio in un ambiente in cui tutto è dove deve stare? A questa obiezione facevi spallucce, una finta di corpo - come quando giocavi mezz'ala e io al centro dell'area aspettavo il tuo cross per segnare - e uscivi dal bar. Forse pensavi Che testa di cazzo , ma con tenerezza, perché ma...
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