Pensavo che sarebbe formidabile se campassimo trecento anni, e non soltanto settanta o ottanta: è una di quelle scemenze che mi assaltano il cervello, mentre tento di prendere sonno, o sul Venerdì leggo di Matusalemme e per associazione di idee la cretinata arriva. Da narratore trasmuto la scempiaggine in immaginazione e vedo di farla fruttare. Cerco cioè di capire se può farmi vantare ancora un poco della mia scrittura davanti a te - che stai dentro casa mia, in questo momento, e ti ho invitato io con l'esca di un titolo attraente, ma non sei convinto di andare avanti perché temi che possa di nuovo parlarti di mia moglie morta, o delle mie memorie malinconiche e che la cosa prenda una piega triste. Ti rassicuro: stavolta no. Fa ridere anzi l'idea che si possa campare tanto, non credi? E così - sempre insonne, o in bagno, dove si legge meglio che su qualunque trono - cerco conseguenze ragionevoli a questa stramberia. Tanto per cominciare temo che andremmo in pensione a duecentoquarant'anni, e l'Inps ingrasserebbe a furia di pagar contributi. Poi immagina il festival di Sanremo: direttore d'orchestra: Niccolò Paganini! Presentatori: Nunzio Filogamo e Delia Scala! Baudo come niente arriverebbe sul palco e gli direbbero, con inflessione catanese: Pigghia la manu tua, caruso. E Claudio Villa poi? Sarebbe un regazzino. Oppure a scuola. A scuola spiegherebbero il romanticismo, e poi il risorgimento. E a un certo punto la maestra sbotterebbe: Ah non mi credete? Pensate che mi sia inventata tutto? Chiedetelo a loro, se è vero! e con un colpo di teatro farebbe entrare in classe Foscolo e Mazzini, e si metterebbero lì di buzzo buono, un po' emaciati, a confermare che quel che c'è nei libri è puro vangelo, e tutti gli alunni farebbero Wow! Insomma sarebbe uno spasso. E pure io, che vedo assottigliare il tempo e gli anni, e mi spavento ogni tanto come oggi, che non mi reggeva il cuore e m'hanno steso su un lettino coi fili addosso che sembravo un cadavere da rianimare, avrei meno urgenze d'immortalità, meno arabeschi da scrivere, e andrei a pesca pure se non ci sono mai andato - anzi una volta: al Clitunno, e il vivaista prese la trota dal mio amo e la sbatté su un sasso fino ad ammazzarla. Lì ci ho fatto la croce. O a spasso per vigne francesi, a fotografare il sole che cala e bere leggero. E poi in ristorantini all'aperto dove ci capiterà di trovarci vicino di tavolo con Victor Hugo che non sa come riempire - mentre io ti corteggio e converto a una notte audace - tutta quella immane stagione.
Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra
Commenti
Posta un commento
Grazie per aver commentato il mio post