Camminare è un gesto che faccio da solo - preferibilmente - e di mattina che è ancora notte, e a portata di mare; già mi capitò a Siracusa, una volta che cercavo una dolceria aperta e comprai attirato dal profumo due cannoli, per consolarle il cancro, e mentre tornavo m'accorsi che l'odore di pastafrolla cotta m'aveva invaso la giacca, come fa un diavolo coll'anima. Più di recente ho camminato Tarquinia, altro mare, e le sue case sfitte, che era inverno e faceva caldo, per una contraddizione letteraria che mi è piaciuto raccontare. Così, da quel pesce in guazzetto sulla spiaggia tiepida, dal vino in soccorso alla digestione, è nata una di quelle fatue ostinazioni che chiamano romanzi. Ci ho messo del mio, sia chiaro: in termini di incoscienza, strafottente leggerezza, antimodernità. Ma è venuto bene, e davvero ora state per leggerlo - beninteso, se ne avete il desiderio. Di questi tempi camminare era poi fantastico a Narni, poiché facevano un Carnevale che diceva la tempra della comunità: prima repubblicana, poi comunista - e parlo dei giorni in cui la gente aveva ancora ideali esatti da cui farsi ingannare. Attaccarono manifesti con su scritto Khomeynī a Narni, a febbraio: comparvero dalla sera alla mattina su ogni muro, e dài a chiedersi tutti cosa cazzo venisse a fare il presidente iraniano in città. Certi in piazza dissero che veniva a comprare la Rocca; Per farci cosa?, s'opponevano i meno fessi e la discussione poteva prendere una brutta piega. Qualche giorno dopo, altri manifestini, per tutto il centro storico: Capace pure Carter, e l'antiamericanismo insorse, ma tra i più fessi, stavolta, poiché lo scherzo era scoperto e il gioco finito. L'altro anti di noi narnesi - l'anticlericalismo - rinfocolò quando si diffuse - anni dopo - la notizia che a Narni ci sarebbe venuto il papa. Ma appena un saluto al campo sportivo - rassicurarono dalla segreteria del Duomo: - toccata e fuga mentre torna a Roma. Naturalmente era una balla, ma ben architettata, tanto che anche il curato ci cascò con tutte le scarpe. Poi i buontemponi morirono, qualcuno invecchiò. Io di camminare a Carnevale non ho perso il gusto, però, tanto che ancora mi attrae mascherarmi da scrittore e divagare per la città. Solo una volta lo guardai dalla finestra, c'era il sole e sarà stato che avevo da studiare, o qualcuna mi aveva piantato. Il belvedere, sotto, coi bambini principe, le ragazzine fate, i coriandoli sulle panchine. Clara che nella stanza accanto s'aggiustava il cappotto con la sarta. E mi ricordo una canzone, dove una donna chiede al suo uomo di farla ridere - si vede che la radio la passò in quel mentre, e mi si impresse a fuoco nella memoria, assieme al pomeriggio. E ho appoggiato sopra quel ricordo un altro, un'altra città, di cavalli e contrade. Non lo so perché. Solo: se rivedo quel martedì grasso risento Anna che canta e rivedo Piazza del Campo. Qualcuno la racconta Associazione di idee. Per quanto mi riguarda è solo anarchia del cervello. Ditemi voi se non sono da ricoverare.
Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra
Commenti
Posta un commento
Grazie per aver commentato il mio post