Pochi mesi prima di morire - ma non sapendo ancora di essere malato - mio padre mi chiese se gli procuravo dei dischi di Paolo Conte, che gli era venuta voglia di belle canzoni. Si era creato uno spazietto tutto suo, tra il camino e la finestra che dà sul vicolo, nella parte più antica di casa, e ci aveva piazzato uno stereo che gli avevo regalato io e un po' di cassette di musica classica. Io gli dicevo che il suono dei cd era migliore e che glieli avrei comprati ma lui insisteva che gli piaceva così, non era il caso di star dietro a tante modernerie. Quando telefonavo ai miei rispondeva sempre mamma, perché papà era con le cuffie alle orecchie. Amava isolarsi dal mondo dopo essere stato per tutta la vita al centro del caos: la tabaccheria in piazza, rumorosa, fumigante, zeppa di varia umanità come un porto di mare. Fu un tempo relativamente sereno, in cui mi chiese anche se gli sintonizzavo la radio sui miei programmi e in cui, di tanto in tanto, lo intuivo felice. Aveva fatto la...
Sdraiato sui binari: diario di bellezze malsincere in attesa del treno. Sperando che porti ritardo.