Una ragazza mai vista mi si infila in macchina mentre sono fermo al semaforo. Mi dice Non spaventarti, non sono una malintenzionata, ho solo bisogno di uno strappo. In quel momento il semaforo torna verde, non mi metto a protestare, agisco d'istinto, ingrano la prima e parto. Fino all'incrocio successivo non diciamo una parola, io sono in realtà un tantino scosso, lei è tranquilla come se quegli abbordaggi li compisse ogni giorno, e fossero una specie di tecnica per scaricare lo stress. La direzione è quella giusta? - riesco finalmente a chiederle. Caro mio, io vado da sempre dove vai tu - mi risponde. Le luci della città cominciano ad accendersi, è quasi notte, un'ora fa ha piovuto con una certa convinzione, ho le gomme lisce, devo andare piano o rischiamo di slittare, sull'asfalto unto. La guardo un paio di volte, voltando la testa verso di lei: adesso mi sembra di conoscerla ma non saprei dire dove l'ho già vista. Lei guarda avanti, gli occhi sulla strada senza nessuna emozione apparente, non potrei metterla in un libro, è una persona senza storia. Arrivo nel mio quartiere, un altro paio di isolati e sarò a casa. Glielo faccio notare, le dico Se vuoi che ti porti da qualche parte, è il momento di farmelo sapere. Accenna un sorriso, poi dice un'altra cosa misteriosa, giura che mi stima, non tutti i giorni ma con buona continuità, si compiace di quello che scrivo, di quello che faccio, delle tentazioni a cui resisto e di quelle a cui cedo. Perché non sono così rigida come puoi pensare - afferma. Chi sei? - le domando, ed è la domanda più sciocca che potessi farle. Lei sembra non aver sentito, continua imperterrita: No, non sono così rigida, lo so che devi vivere cercando di piacere agli altri, è quello che fanno gli scrittori, e questo presuppone da parte mia una buona dose di tolleranza. Una volta, sì, una volta ero più intransigente, quando avevi meno anni ne hai combinata qualcuna che ha richiesto il mio intervento. Ti ricordi? Certo che ti ricordi. Ti ho morso, qualche volta, specie di notte, ti mordevo nel letto, e tu restavi sveglio, non mi hai lasciato scelta. Ma adesso no - conclude, - adesso sei un bravo ragazzo. E così dicendo apre la portiera, atterra sul marciapiede e si dilegua nella notte.
C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...

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