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Visualizzazione dei post da settembre, 2024

Presi per la gola

Esiste una zuppa inglese soltanto: quella di Gino Rosignoli. Il quale, incidentalmente, era mio nonno, parentela che mi ha permesso di mangiare quella bontà per tutta la giovinezza, senza ritegno e ben oltre le feste comandate. Osservavo rapito con che cura Gino la preparava: ho imparato dalla sua arte pasticcera ad amare i miei progetti, le cose che ho fatto, e ho tentato di applicare alle piccole imprese della vita la stessa dedizione che lui riservava a quel miracoloso dolce d'alchermes. Per prima cosa annunciava la sua intenzione a tutta la famiglia, che era allargata, pingue, non i quattro gatti di adesso. Diceva Venerdì faccio la zuppa inglese e domenica la mangiamo tutti insieme, quindi non prendete impegni . Non era un invito, era come l'ordine di un sergente al suo plotone. Dopo di che usciva a piedi - non ha mai preso la patente - a comprare gli ingredienti necessari. Solo roba di prima qualità, naturalmente: la cioccolata Zaini e il liquore di marca alla drogheria d

Per esempio

Che cosa posso farne di quel tempo che non narra nessuno, che non è cantabile perché è solo il passaggio tra un avvenimento e l'altro, come posso disporne, quanto pesa? Ce n'è a bizzeffe ogni giorno e per alcuni è una merce senza valore. A me al contrario sembra vita piena, romanzo, avventura nobile, ma ci vogliono le parole adatte e uno stato d'animo gentile. Il tempo del riposo, dell'inganno, della noia, delle smanie, dell'inconcludenza, è un tempo pieno di sussurri, se ci si fa caso. Oggi per esempio, di ritorno da Fiumicino, mi sono ritrovato sulla stessa strada dell'andata ma da solo, e le voci allegre di prima, dei miei due amori che andavano in vacanza, erano nella mia testa, e le canzoni fatte suonare un canticchìo intonato. Tanti lo definirebbero un viaggio senza storia e invece m'è servito a rimuginare sulla bellezza della mia famiglia strana e innamorata, dove ognuno si fa in quattro per gli altri - e non so quanto nelle famiglie normali si possa

L'isola che aspetta

A diciannove anni, dopo il diploma, io e tre amici partiamo all'avventura. Abbiamo voglia di libertà senza sapere con precisione cosa sia. Viaggiamo fino a Brindisi con la macchina di Osvaldo - un'Alfetta amaranto di terza mano, - io, lui Rosanna e Giada, la imbarchiamo sul traghetto e in una notte siamo a Patrasso. Da lì comincia il mito, la terra che abbiamo solo annusato sui libri si spalanca agli occhi, la camminiamo, ne respiriamo la polvere, mastichiamo il suo alfabeto che è come una canzone misteriosa, mangiamo la moussakà e i souvlaki, facciamo il bagno nell'Egeo. Giriamo a caso, dormendo sulla spiaggia, in macchina, in un paio di ostelli. A mia madre dico che abbiamo prenotato gli alberghi lungo il percorso, che è tutto studiato perché non ci siano imprevisti. Invece proprio degli imprevisti andiamo in cerca, e ci comportiamo in modo così osceno da non poterlo raccontare neanche adesso, dopo quasi quarant'anni. Un giorno, in una caffetteria di Atene, mentre i s

Autunno

Ti sento, autunno, bentornato. Ti sento nella malinconia ingiallita, nelle foglie che prendono il giro del vento, nella mia vita piena di persone eppure solitaria, perché uno scrittore ne ha due di esistenze: una per sé soltanto e una per gli altri. La memoria, quando tu arrivi, si fa aspra e rigogliosa come i filari dell'uva e mi scorta indietro nel tempo, fino alle stagioni della scandalosa felicità. Oggi mia figlia mi ha mostrato una foto in cui è in braccio a sua madre. Oggi mi ha scritto un'amica, ed è sempre una lusinga, e una tentazione lieve. Oggi ho viaggiato, sbadigliato, riso, litigato con la Tim e mangiato verdure grigliate. Oggi è un altro giorno da raccontare. C'è più gusto, autunno, a far le cose colle giornate più corte, le camere d'albergo scontate, la città che si stiepidisce, canta con le orchestre in piazza e addobba i cortili di tavoli all'aperto. Siamo stati al ristorante, io e mia figlia, venerdì. Io, mia figlia, la sua donna ed altre amiche e