Che cosa posso farne di quel tempo che non narra nessuno, che non è cantabile perché è solo il passaggio tra un avvenimento e l'altro, come posso disporne, quanto pesa? Ce n'è a bizzeffe ogni giorno e per alcuni è una merce senza valore. A me al contrario sembra vita piena, romanzo, avventura nobile, ma ci vogliono le parole adatte e uno stato d'animo gentile. Il tempo del riposo, dell'inganno, della noia, delle smanie, dell'inconcludenza, è un tempo pieno di sussurri, se ci si fa caso. Oggi per esempio, di ritorno da Fiumicino, mi sono ritrovato sulla stessa strada dell'andata ma da solo, e le voci allegre di prima, dei miei due amori che andavano in vacanza, erano nella mia testa, e le canzoni fatte suonare un canticchìo intonato. Tanti lo definirebbero un viaggio senza storia e invece m'è servito a rimuginare sulla bellezza della mia famiglia strana e innamorata, dove ognuno si fa in quattro per gli altri - e non so quanto nelle famiglie normali si possa dire altrettanto - e pure a ringraziare il destino, che dopo qualche svolta tragica si sta facendo perdonare. Conosco persone che passano il tempo sospeso a scrivere recensioni di dentisti, fisioterapisti, ristoranti, mostre d'arte, cocktail bar, scuole e centri benessere: siamo tutti sotto esame, continuamente, c'è sempre una classifica nella quale ci infilano, c'è sempre una competizione a cui ci istigano. Io che gestisco con fatica anche gli strumenti del mio mestiere - la voce, le narrazioni - non mi azzardo mai a giudicare le professioni altrui perché ci vogliono anni e fatica per un bagliore di competenza. Così il mio tempo molle lo riempio di sogni, strambe prospettive, eccentriche presunzioni: per esempio vincere lo Strega, un giorno, sbronzarmi davanti alla giuria e cantare Viva l'Italia del dodici dicembre a chi non l'ha mai sentita, e farlo commuovere come si commosse mio padre una delle poche volte che accadde, quel pomeriggio in macchina che gli rovesciai addosso quella canzone.
Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra
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