Ieri avrei voluto avere quarant'anni, una figlia di sei e una moglie viva. E le ho avute, tutte quelle cose, in un certo senso: le ho immaginate. Poche volte riesco con la fantasia a figurare la realtà, ieri sì, era tutta attorno a me. Se esiste una seconda occasione vorrei che fosse questa: annullare gli ultimi quindici anni coi loro disastri e le ipocondrie e riavvolgere il nastro. Io solo lo saprei, l'immaginazione ha questo potere. Io soltanto saprei quel che succede da quel momento in avanti, e farei di tutto per evitarlo. Ti ho tenuto poco per mano, figlia mia, vorrei farlo di più, e nascondere una seconda volta la ghianda nel tronco cavo. Ricordi? Dissi Torniamo su quest'inverno e vediamo se c'è ancora, o se uno scoiattolo l'ha rosicchiata, e tu hai voluto che ti prendessi in braccio per spingerla più in fondo alla quercia. Tua madre ci guardava, era appena stata dalla parrucchiera, aveva i capelli neri, a parte noi due erano il suo unico vanto, la sua dolcezza era velata da un presagio, come il cielo quando si sporca di fabbriche. Dentro al paese, mentre cercavamo una trattoria, ti ha raccontato di quando da bambina le venne una tosse ostinata, e sua nonna la persuase a pregare, che così le sarebbe passata. Tu non sembravi tanto convinta, ecco perché adesso non preghi mai. In questo stesso posto, dove i vecchi ai tavoli del bar sentenziano su qualunque cosa senza mai esser usciti in tutta la vita dal perimetro della campagna, in stagioni diverse, già straziate e ricucite alla meno peggio, ti accompagnavo a prendere l'autobus per la città, e me ne tornavo a casa con un peso addosso che non sapevo con chi spartire. Erano anche quelli anni discretamente infernali, in cui disegnavi gli occhi, il naso di tua madre e nascondevi il foglio in fondo all'armadio. Tutto questo lo so, è già accaduto, e farei di tutto per non vederti di nuovo morire muta, ed esser costretta a rinascere piano con la forza ereditata da lei, non da me. Ma a conti fatti onorerei questo tempo che abbiamo, che finalmente ti trova felice.
C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...
Commenti
Posta un commento
Grazie per aver commentato il mio post