Ogni volta che vado da un medico, ne esco con una diagnosi, una cura e un'impressione. Delle tre, quella che più mi sta a cuore è l'ultima, perché nei giorni a venire ci costruisco sopra il desiderio di tornarci, per un secondo consulto, oppure la repulsione a tenermene alla larga per sempre. Capita in effetti da un paio di anni a questa parte che faccia dentro e fuori con gli ambulatori come Pietro Gambadilegno con le galere, e così il gioco di intuire la competenza dei dottori - con tutta l'umiltà del paziente che sono - è diventato una sorta di necessità. Ho frequentato cardiologi, dentisti, otorini, dermatologi, ecografisti: c'è chi è un campione e chi una mezza sega - e scusate la poca nobiltà del narratore, per una volta. Ho la presunzione - dopo tanta pratica - di annusare al volo l'aria che tira: da una domanda diversa dal canone, da un'attenzione più minuziosa, dal tempo che mi si dedica, dall'autorevolezza che mi trasmette chi ho davanti. Già, l
Sdraiato sui binari: diario di bellezze malsincere in attesa del treno. Sperando che porti ritardo.