Passa ai contenuti principali

Le ragioni del male

Se è vero che il caso gioca un ruolo importante nelle nostre vite, è stato per un suo capriccio che ho visitato Sant'Anna di Stazzema. Volevo andarci da un po', da quando una mattina raccontai quella terribile storia ai miei studenti e poi il pomeriggio del medesimo giorno, mentre riordinavo i miei dischi, ritrovai in un album di Fabio Concato la ballata che nella mia anima ne ha inchiodato per sempre il ricordo. Avevo dimenticato quella canzone, forse quando uscì l'avevo giudicata pericolosa per i miei anni tristi: era il 2012 e alla mia vita all'epoca serviva leggerezza. Poi tre settimane fa, viaggiando tra Pisa e Carrara, uno svincolo mi ha rinfacciato quel nome, come un rimprovero, una promessa non mantenuta. E allora, cambiando programma in corsa, ho preso a inerpicarmi per le Alpi Apuane, che son tutte un reticolo di tornanti e orridi delimitati appena da guardrail rotti e carpini di gran chioma. In barba alle vertigini, che mi vengono anche se sto seduto in macchina, sono arrivato in cima, dove ho trovato un sacrario, il museo della resistenza, un murale che raffigura Spike Lee che qui girò il suo film meno riuscito e un bar su una piazzetta linda, coi tavolini all'aperto che danno sulle gole e le valli di questa parte selvatica di Toscana. Che cosa cerco? - mi sono domandato una volta lì, e la risposta ho faticato a trovarla. Alla fine ho deciso che stavo cercando le ragioni del male, che deve pur averne per essere a volte così efferato, così perfetto. Là attorno non c'è una pietra, una foglia, uno spigolo di muro o di chiesa che non parli di quel dodici agosto del quarantaquattro, non c'è un filo d'erba che non sia stato violato. Anche quelli spuntati adesso, anche quelli giovani, hanno nelle fibre, nella clorofilla, quella storia di innocenti trucidati - donne e bambini, soprattutto: più di cinquecento. Le ragioni del male: che pretesa solenne! Ho fatto un breve video e solo allora ho visto nitidamente quel che è successo qui. A quel punto mi veniva da piangere, e non solo per lo scempio di allora. Per gli scempi di adesso, per tutte le volte che il male torna a manifestarsi, sotto tutte le forme che sa, anche quelle piccole, familiari, periferiche: è un male in embrione, non come quello della guerra, ma se lo lasciamo agire indisturbato può crescere e diventare mostruoso un'altra volta. Uccidere il male finché è piccolo, allora, abortire il male, riconoscerlo e annientarlo: sembra niente ma a conti fatti è il gesto più sacro che possiamo compiere. 

Commenti

Post popolari in questo blog

Lasciami andare

Valerio, avevi ragione, dovevo lasciar andare. Ti ricordi che ne parlavamo? Io trattenevo, aggiustavo, incollavo. Tu dicevi "Sei stato bene con quella ragazza? Basta, non cercarla, non chiamarla". Oppure "Ti manca tuo padre, ne hai nostalgia? No, non darle retta, via, è finita". Dicevi che dovevo conservare la memoria ma senza ogni volta inseguire il passato: io ho sempre pensato che le due cose fossero inseparabili, mi hai aperto gli occhi. Così faccio con le case che ho abitato: non le guardo più le fotografie, che si secchino pure dentro gli armadi. Lasciar correre, lasciare indietro. Un suggerimento sensato, così facendo uno mette a posto il disordine delle stanze, ma si vive meglio in un ambiente in cui tutto è dove deve stare? A questa obiezione facevi spallucce, una finta di corpo - come quando giocavi mezz'ala e io al centro dell'area aspettavo il tuo cross per segnare - e uscivi dal bar. Forse pensavi Che testa di cazzo , ma con tenerezza, perché ma...

Primavera di vento

A Tarquinia c'è un albergo nascosto in mezzo alla pineta, non affaccia al mare, è l'albergo dei nostalgici, degli amanti e delle canzoni d'autore. Tira sempre vento quando ci vado, ma è il vento leggero del Tirreno che volta le pagine del libro che ho in testa assieme ai ricordi della giovinezza, mai finita e mai rinnegata. In una primavera di vent'anni fa, una primavera anch'essa di vento, ci arrivammo per caso, tu ed io, ragazza amorevole di un'altra vita. Dal litorale non si vede e se non sai che c'è è difficile trovarlo, e noi cercavamo una camera col balcone sulla spiaggia, per cantare un'altra volta il caso, divinità innamorata delle onde azzurre e dei fortunali. Cenammo invece a bordo piscina perché l'hotel segreto ci rapì, e il mare restò una voce di là dalla strada, una prospettiva per l'indomani, l'abisso dentro cui stavamo per cadere dopo quella notte di soprassalti. Ti presi e poi tu prendesti me e alla fine la stanchezza ci rese ...

Il numero settecento

Mi sono perso. Ho girato a vuoto per certe colline che credevo familiari, il gps non prendeva, nei paraggi nessuno a cui chiedere la strada. Cercavo una certa locanda che in una canzone del settantatré viene cantata come un posto di frontiera,  ero certo esistesse davvero, volevo vedere com'è fatta, che gente la frequenta. Quando stavo per darmi per vinto l'ho trovata. I posti come questo, di confine, io li amo, li eleggo a covili di creatività perché là dentro passano mille venti, centomila viaggiatori, e ogni vento e ognuno di quei viaggiatori ha una storia da raccontare, e a intrecciarle ne viene fuori una inedita che ha in sé tutte le intonazioni delle altre ma una stravaganza solamente sua. Quando finisce il giorno in quegli avamposti lontani arriva il silenzio, le voci smettono di bisticciarsi e io posso abitare una veranda con vista sui campi di girasole come fossi in Alabama, e provare a confessare in libertà quello che ho in testa.  Eccola, l'eucarestia  della sc...