In edicola la giornalaia mi accoglie diffidente. Quando le chiedo Il Fatto Quotidiano cambia atteggiamento, libera un sorriso, diventa ciarliera. "Scusi sa - si giustifica senza che gliene dia motivo - ma tanti non vengono per comprare: solo per passare il tempo". Mi fermo un minuto a chiacchierare, salta fuori che di quotidiani se ne vendono pochi - e non è una novità - e che un sacco di gente pretende ogni mattina di dare un'occhiata a sbafo alle prime pagine. "Ci sono un mucchio di siti dove poter leggere gratis le aperture - le dico. - Perché vengono a rompere le scatole proprio a lei?". La signora mi guarda stupita, mi allunga i venti centesimi di resto e mi rimprovera: "Ma scusi, che domande fa? Non lo sa che tanti si divertono un mondo a complicare la vita agli altri? Gliel'ho detto: è un passatempo". Incasso il colpo e abbasso la testa, e dopo un istante di impasse faccio per andarmene. "Ma no, aspetti, non volevo essere scortese - si corregge. - Lei non è quello della radio? Se vuole le racconto qualche piccolo segreto che ha a che fare col mio lavoro, così lo infila in quei bei programmi che fa, tra una canzone e l'altra". Mi sento lusingato e ribatto: "Ah, come Mark Felt ai tempi del Watergate" e quella: "Chi?" e lì faccio un gesto come a dire Non importa. "Beh insomma, senta qua - mi rivela la signora: - io sono una che i giornali li vende ma che anche li legge". Bel chiasmo, bisogna che me lo ricordi e lo spacci per mio, alla prima occasione. "E mi pare di poter dire - continua come un treno - che di balle ne raccontano un po' tutti, chi più chi meno. Così, a parità di fesserie, preferisco quelli scritti bene, che non massacrano l'italiano. E li consiglio a quei pochi che ancora li comprano. Non trova che la lingua italiana sia torturata proprio da chi dovrebbe proteggerla? Scrittori improvvisati, giornalisti noiosi. Forse dovrebbero ricominciare dalla forma, curarla di più". Dentro di me le do ragione, e anche fuori, e glielo dico, e lei, tutta contenta, mi regala il supplemento Motori di una rivista di sport che un cliente non ha voluto. Non so come confessarle che sono probabilmente l'unico uomo al mondo a cui dei motori non importa un fico secco. Torno a casa contento del consiglio ricevuto: ricominciare dalla forma, dalla sua grazia. Da oggi ho un'informatrice segreta, assai preziosa: una specie di Gola Profonda. Più innocente però, e quindi affatto casta.
C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...
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