Giusto una settimana fa ho visto - e vissuto - lo spettacolo Every brilliant thing, uno dei tanti della terza, ricca, edizione di Narni Città Teatro ma l'unico, ahimè, cui son riuscito ad andare. Al momento di comprare il biglietto la cassiera mi ha messo in guardia: Si tratta di un testo che prevede una certa interazione col pubblico, ci vada preparato. Così, mentre ero in fila davanti al chiostro di sant'Agostino, ho tentato di immaginare in che modo poteva succedere che fossi coinvolto nella storia, e confesso che la cosa mi intrigava parecchio. Every brilliant thing (Ogni cosa che brilla ma anche, più opportunamente, Ogni trovata geniale) è un semi monologo scritto nel 2013 da un autore britannico che si chiama Duncan McMillan - a Narni lo ha interpretato (e diretto, assieme a Fabrizio Arcuri) Filippo Nigro. Sul prato c'erano alcune file di sedie, disposte a ferro di cavallo. Sul lato lasciato libero, una scrivania, e davanti alla scrivania due sgabelli dalle zampe lunghe. Il testo racconta episodi di quattro epoche della vita del protagonista: fanciullezza, adolescenza, giovinezza e maturità. Ognuna di queste epoche prevede dei comprimari, e lì ho capito cosa voleva dire spettacolo interattivo. Quando Nigro si è avvicinato a me chiamandomi Papà, ho intuito che dovevo stare al gioco. Improvvisando, andandogli dietro, suggerendogli percorsi alternativi - se ne fossi stato capace. Ci siamo seduti sui due sgabelli e a quel punto - per facilitarmi, visto che dovevo pronunciare una decina di volte una sola battuta: Perché? - io son diventato il lui ragazzino, e lui il padre, che lo preleva da scuola per portarlo in ospedale, dove han ricoverato la madre che ha tentato il suicidio. Dopodiché son tornato al mio posto e l'attore ha chiamato in causa altri spettatori, trasformandoli a loro volta in personaggi: la signora Patterson, del liceo cittadino; il professore universitario, che idolatra I dolori del giovane Werther forse sollecitando emulazioni pericolose; la ragazza che alla fine diventa la moglie del protagonista, e che lo ama nonostante lui sia indiscutibilmente eccentrico. Ne è uscito un canto corale con poche stecche e molte voci piene, cui han partecipato anche tutti gli altri spettatori. Su un foglio, molti in platea avevano un numero e una frase (distribuiti prima dello spettacolo) scritti negli anni dal protagonista: le cose brillanti, o geniali, del titolo, con cui da sempre Mcmillan (e il suo alter ego sulla scena) combattono evidentemente la tentazione del vuoto. Nell'epilogo Nigro mi ha di nuovo convocato nella finzione, e così ho dovuto ancora una volta diventare suo padre. Al matrimonio del ragazzo, il vecchio aveva cantato una canzone di Sinatra, e aveva voluto a tutti i costi fare un discorso: l'attore si è seduto al mio posto e a me è toccato improvvisare tutte quelle cose lì, col microfono in mano. Alla fine applausi convinti, mentre l'emozione cominciava a sciogliersi, lasciando spazio al piacere di aver completato una piccola impresa. Fino all'ultima tentazione, nel bel mezzo dell'inchino, quando mi son chiesto: Chissà se sono ancora in tempo, in questa vita, per fare l'attore?
C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...
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