Passa ai contenuti principali

Innocenti

C'erano aureole odorose di timo attorno ai suoi capezzoli: scegliendone una a capriccio ci appoggiavo castamente la testa, esausto e leggero. Nel sonno il seno le si alzava e abbassava a ritmo regolare, appena percettibile, e io ero come su una barca rotonda che mi cullava materna in mezzo all'oceano. Quella stanza una volta era un oceano, una volta un dirigibile, un'altra volta l'ultima roccaforte dei ribelli. Mentre lei dormiva io pensavo alla fortuna di essere nato nella sua stessa epoca. Perfino nel mondo - in quei crepuscoli dipinti e a dispetto delle apparenze - intuivo una bellezza esasperata, e la bellezza mi suggeriva fantasie, estro, affabulazioni. Smania e paura, sorelle maligne, restavano fuori della porta e tutto era come dovrebbe essere: una felicità sottile e infrangibile. Di certo le parole - che solo più tardi, da narratore, avrei definito sacre - suonavano inessenziali, ospiti imbucati a una festa. Per questo le centellinavo, e lei con me, appena il sonno interrotto le slacciava il sorriso e con le mani mi frugava, per ricominciare il gioco. Poi riapriva le labbra, e le serrava, beffando il bigottismo di chi ci avrebbe giudicati osceni. Nel frattempo veniva notte e gli animaletti raspavano davanti al cancello. Lei sobbalzava. "Non è niente, è l'istrice - la rassicuravo, - è la faina". "E se fosse un lupo?" - mi chiedeva. "Non ci sono lupi qua attorno, è una collina poco forastica" giuravo, e ne ridevamo, e ogni volta era questa commedia. Poi mi chiedeva delle canzoni che raccontavo a scuola, e che gliene parlassi, ed era di nuovo il tempo del vanto, perché rievocare ciò che si ama è quello: una vanteria. Già non si distinguevano la sponda, i vestiti scaraventati in giro, la sedia sfondata - Dove hai ficcato la mia t-shirt? - e allora mi faceva accendere la luce delle scale, perché ne entrasse una slavatura. Avremmo potuto rimanere lì per sempre, senza altra necessità che non fosse quella di riempire la dispensa per il lungo inverno, e vivere bastevoli l'uno dell'altra. Colpevoli, assolti per non aver commesso il fatto e infine innocenti come non lo è stato mai nessuno. Invece raccattavamo le nostre cose e tornavamo via, senza un motivo al mondo che lo pretendesse.

Commenti

  1. Che meraviglia quei momenti, in cui in una stanza è racchiuso tutto ciò che vuoi, e vorresti per sempre.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Perdonami, ho letto il tuo commento solo ora, con colpevole ritardo. Sì, quei momenti sono i migliori di tutta la vita.

      Elimina

Posta un commento

Grazie per aver commentato il mio post

Post popolari in questo blog

Avvento

Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra

Alcune ragioni contrarie all'infelicità

Perché sei infelice? Perché non riesci a starci dentro, alla felicità, per più di dieci minuti? Io credo che dovresti ragionare su queste domande, così intime e così terribili. Se vuoi ti do una mano, molti dicono che ci somigliamo, sarà più facile per me che per un altro suggerirti una via d'uscita. Sei infelice nonostante tu faccia tutti i giorni quello che ti piace. Pensa se non fosse successo, che avessi quei piccoli talenti che alcuni ti riconoscono: parlare in radio con disinvoltura, scrivere con leggiadria, tenere avvinti venticinque ragazzi con un poeta che per la prima volta non sembra loro inutile. Pensa se non avessi quei piccoli talenti ma fossi divorato dal desiderio di averli, e ogni tua invenzione passasse inosservata, o peggio fosse evitata come la peste. Questa attenzione che ti dedicano, non è già motivo di felicità? Le parole - lusinghiere -  che ti regalano a corredo delle tue, non sono una buona ragione per essere felici? E quando hai viaggiato per l'Italia

Zoe

Il giorno della morte di Silvio Berlusconi mi arriva un messaggio sulla chat di Facebook: Ciao, hai visto che anche lui se n'è andato? e così mentre il cuore salta un paio di battiti mi ritrovo a Montalto di Castro, è il 1983, ho sedici anni. Eravamo partiti in due ma l'amico che venne con me faceva le sei del mattino in discoteca e poi dormiva tutto il giorno, cosicché me ne andavo a spasso per conto mio, in bici, per capire un po' meglio che bestia fosse la libertà. Per inciso confesso che dopo quarant'anni devo ancora scoprirlo: l'ho sentita pronunciare da così tante lingue biforcute, quella parola tronca, che mi si sono confuse le idee. Certi scrittori di cui ho venerazione giurano che esser liberi significa non sapere mai per certo cosa voglia dire: se così è allora sono libero, e tanti saluti. E a parte questo, quell'estate fu maestosa. Di primo pomeriggio guardavo Mister Fantasy - coi videoclip di Madonna e dei Frankie goes to Hollywood, e dev'essere