C'è un attimo preciso in cui lei smette di essere lei e diventa un'estranea. È quando a una tua premura risponde stonata, ti guarda infastidita e in quella fessura che sono i suoi occhi passa la fine del sogno, lo strappo del risveglio. In quell'istante esatto - un istante dilatato a contenere gli anni illusi e le scene madri, gli scazzi e tutte le maldicenze reciproche - arriva il disamore, ed è come scendere da cavallo, come uno sparo a una festa, e da lì in poi riavvolgi il nastro e ti maledici per la tua dabbenaggine. Quando a dolcezza non corrisponde dolcezza sono guai. E sì che ce n'è stata, e provi a convincerti che se non era proprio dolcezza le assomigliava, era un buon surrogato, un'alternativa accettabile. E tiri fuori le fotografie dalle cartelle in cui le hai archiviate, e srotoli la memoria come il red carpet ai festival del cinema, e sopra ci passano le stagioni di festa esagerata, le bugie al lavoro per vederla di continuo e tutti i viaggi in capo al mondo fatti con l'incoscienza dei ragazzi. Che erano avventure scapicollate, vissute col cuore di chi vuol viverle fino a ubriacarsene ma erano pure il vertice della parabola, dopo di che la curva scende. Tutti gli amori sono così, specialmente quelli possenti, e trovo saggia quella frase di canzone che giudica l'amore vero una gran fregatura. Al netto di tutto lo sciupio, di tutto il sentimento riconsegnato come un vuoto a rendere, ho tuttavia la decenza di essere grato, per quello che ho vissuto. Non cambierei i disastri che pure ho combinato con una vita sotto anestesia, laterale, rassicurante. Non ho mai voluto che mi rassicurassero, né gli amori grandi né quelli piccoli. Mi sono al contrario divertito a essere imperfetto, a mostrarmi peccaminoso e lunare, e anche chi era con me si divertiva da matti: ero sincero, gesto che veniva apprezzato. Così l'amore sfugge, scivola, si rintana negli angoli e geme, come un bambino al primo giorno d'asilo, come me che strepitai Mamma! tra le braccia della maestra, a tre anni, mentre quella mi portava in refettorio. La natura degli amori è questa: non l'eternità, neppure di quelli che durano una vita. L'unica cosa che ne rende lieve il ricordo è l'accettazione della loro vulnerabilità. Così facendo si può persino immaginare che ci possano riempir di senso la vita.
C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...
SUBLIME, PRAGMATICA, PASSIONALE, RISPETTOSA, SPAVENTOSAMENTE REALE
RispondiEliminaGrazie di cuore.
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