C'è un attimo preciso in cui lei smette di essere lei e diventa un'estranea. È quando a una tua premura risponde stonata, ti guarda infastidita e in quella fessura che sono i suoi occhi passa la fine del sogno, lo strappo del risveglio. In quell'istante esatto - un istante dilatato a contenere gli anni illusi e le scene madri, gli scazzi e tutte le maldicenze reciproche - arriva il disamore, ed è come scendere da cavallo, come uno sparo a una festa, e da lì in poi riavvolgi il nastro e ti maledici per la tua dabbenaggine. Quando a dolcezza non corrisponde dolcezza sono guai. E sì che ce n'è stata, e provi a convincerti che se non era proprio dolcezza le assomigliava, era un buon surrogato, un'alternativa accettabile. E tiri fuori le fotografie dalle cartelle in cui le hai archiviate, e srotoli la memoria come il red carpet ai festival del cinema, e sopra ci passano le stagioni di festa esagerata, le bugie al lavoro per vederla di continuo e tutti i viaggi in capo al mondo fatti con l'incoscienza dei ragazzi. Che erano avventure scapicollate, vissute col cuore di chi vuol viverle fino a ubriacarsene ma erano pure il vertice della parabola, dopo di che la curva scende. Tutti gli amori sono così, specialmente quelli possenti, e trovo saggia quella frase di canzone che giudica l'amore vero una gran fregatura. Al netto di tutto lo sciupio, di tutto il sentimento riconsegnato come un vuoto a rendere, ho tuttavia la decenza di essere grato, per quello che ho vissuto. Non cambierei i disastri che pure ho combinato con una vita sotto anestesia, laterale, rassicurante. Non ho mai voluto che mi rassicurassero, né gli amori grandi né quelli piccoli. Mi sono al contrario divertito a essere imperfetto, a mostrarmi peccaminoso e lunare, e anche chi era con me si divertiva da matti: ero sincero, gesto che veniva apprezzato. Così l'amore sfugge, scivola, si rintana negli angoli e geme, come un bambino al primo giorno d'asilo, come me che strepitai Mamma! tra le braccia della maestra, a tre anni, mentre quella mi portava in refettorio. La natura degli amori è questa: non l'eternità, neppure di quelli che durano una vita. L'unica cosa che ne rende lieve il ricordo è l'accettazione della loro vulnerabilità. Così facendo si può persino immaginare che ci possano riempir di senso la vita.
Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra
SUBLIME, PRAGMATICA, PASSIONALE, RISPETTOSA, SPAVENTOSAMENTE REALE
RispondiEliminaGrazie di cuore.
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