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La maggioranza

Il giorno in cui la scuola della strada sostituirà la scuola della scuola, saremo fregati. Non è lontano il giorno in cui la maggioranza sarà quella che dubita della storia com'è narrata e se ne infischia delle regole della lingua italiana, e che deride la professionalità di chi ha due laureee e parla cinque lingue dall'alto della propria frequentazione all'università della vita. Non è neanche lontano il giorno in cui non si dovrà provare più nessuna incauta teoria per dargli corpo, basterà postarla sui social e la validità scientifica di un esperimento sarà considerata eresia, e quelli che si ostineranno a ricercarla verranno messi al rogo. Questo abominio è cominciato da un po' ma io me ne sono accorto in ritardo. I primi sintomi a scuola, anni fa, quando qualche genitore piombava in classe e mi suggeriva quali tecniche adottare per far scrivere meglio suo figlio. E una volta per strada uno che balbettava mi spiegò cosa dovevo fare per migliorare la mia voce in radio. Queste invasioni di campo adesso sono la regola. Tutti i giorni, centinaia di volte al giorno, c'è qualcuno che non avendone le competenze necessarie dice a chi le ha cosa deve fare della sua professione. Come svolgerla al meglio, come trarne il maggior vantaggio. Perché il fenomeno è così esteso? Ho provato a cercare delle risposte, non so se sono quelle giuste. Una delle ragioni è che siamo in tanti a essere dannatamente infelici dei nostri mestieri, che spesso ci appaiono insignificanti. E allora immaginiamo di farne degli altri, e di essere qualificati a intervenire su questioni talmente al di sopra della nostra comprensione che la distanza siderale si annulla, non esiste più. E diventiamo medici, professori, astronomi, esperti di politica internazionale, fisici nucleari. Un'altra ragione potrebbe essere che c'è un'epidemia di incredulità. Non crediamo alle pandemie, agli attentati terroristici, alle spedizioni nello spazio, e soprattutto non crediamo alla narrazione ufficiale di questi eventi. Perché? Perché sono avvenimenti talmente più grandi di noi che mettono in pericolo la nostra routine e dunque li neghiamo, li ridicolizziamo, li portiamo al nostro livello, dal momento che accettandoli per come sono dovremmo farci i conti, e cambiare il nostro modo di vivere. Tanti di noi non hanno la forza che un'evoluzione di pensiero del genere pretende. Il guaio è che, al netto delle distorsioni e degli accomodamenti della comunicazione, che pur esistono e sono un male endemico, non abbiamo mai prove concrete che giustifichino tanta diffidenza. A quel punto la reazione è negare la salvezza che viene dallo studio delle cose, inveire a caso, sbraitare, cercare in rete improbabili puntelli alle nostre schizofrenie. Io credo siano patologie psicologiche gravi. Pensa con la tua testa, Esci dal gregge, sono consigli magnifici ma buttati lì a caso sono pericolosi. Dovrebbero essere azioni successive alla conoscenza, non precedenti. Fatti una cultura, indaga, approfondisci, leggi tutto quello che riesci a leggere su un dato argomento e poi, solo poi, sviluppa un pensiero critico. Dalle parti del terzo millennio succede l'opposto. L'ultima obiezione furente, quella contro cui un piccolo scrittore come me si arrende è La spiegazione ufficiale delle cose è una menzogna. Anche lì non c'è bisogno di prove, lo si dice e basta, e se lo ripete una maggioranza di milioni di individui diventa verità. Se chiedi una fonte, una nota a margine, una giustificazione, ti insultano perché di argomentare la maggioranza che prenderà il potere non è capace. Un giorno ho provato a dire a un tipo su Facebook che l'interiezione Beh si scrive con l'acca alla fine, non in mezzo, come faceva lui. Come quando scrivi Scienzah, gli ho detto scherzando. Mi ha insultato, ha detto Ecco, è arrivato il professore. Sono andato a sbirciare il suo profilo: era tutto un profluvio di imperativi categorici. E a quel punto gli ho dato partita vinta a tavolino.

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