Un giorno quando sarai molto vecchio ti farò salire in macchina e ti porterò al mare. Tu avrai novant'anni, io molti di meno perché mi sarò conservato meglio. Torneremo sui nostri passi: i posti in cui dimenticando il tempo sei stato felice saranno lì ad aspettarti, discretamente intoccati. A nessuno dei due per un po' andrà di parlare. Ascolteremo il vento, invece, come capita quando la vita che hai davanti è un morso e sulle spalle reggi una gerla con tutte le cose vissute che non hai il coraggio di buttar via. Poi vorrai sederti sull'arenile e io ti imiterò, e speriamo che alla fine passi qualcuno a tirarci in piedi. Il cielo sarà gonfio e grigio, in giro ci saranno pochi speranzosi viaggiatori, arrivati con le loro nostalgie a festeggiare il due di aprile, o qualunque altro giorno sia il più importante della loro vita. Ti racconterò che mi sono innamorato un sacco di volte ma solo tre donne mi hanno spaccato il cuore e vorrai sapere se sono le stesse che hai amato anche tu, nelle medesime stagioni. Ho sempre creduto che le ragioni dell'innamoramento sono il più grande mistero che c'è, l'unica spiegazione possibile è che ci attrae quel che ci somiglia, un atteggiamento, un'indole, un'intonazione, per cui ogni volta in realtà ci innamoriamo di noi stessi. Ho passato anni interminabili da solo, e anni così affollati di persone che se fossero state la farcitura di un dolce sarebbe scoppiato. Ci incontravamo da Blockbuster, nelle case sfitte del sabato, sui treni per il mare, in trattoria a rimuginare la giovinezza, e veniva sempre fuori il discorso dell'amore mutilato: le parole, le confessioni, a leggerle tra le righe erano un'ammissione di felicità solo parziale. Succedeva anche a te, me lo hai raccontato un milione di volte. Ecco allora perché hai scritto così febbrilmente: per non saper con quali altre armi rallentare il tempo, conciarlo grazioso, e io ho fatto lo stesso, e le nostre parole se qualcuno le avesse sovrapposte avrebbero combaciato perfettamente. Alla fine però, quel giorno, quando sarai molto vecchio e io un po' meno, sulla strada del ritorno, tra tutti i miracoli cui abbiamo assistito ci ricorderemo soltanto della ragazza rimpianta, della ragazza proibita e di quella sognata. Quelle tre donne sono la sola cosa che porteremo via assieme, io e te, e ci sembreranno le uniche ragioni per cui abbiamo scritto milioni di parole, in tutta la vita, con tanta ostinazione.
Valerio, avevi ragione, dovevo lasciar andare. Ti ricordi che ne parlavamo? Io trattenevo, aggiustavo, incollavo. Tu dicevi "Sei stato bene con quella ragazza? Basta, non cercarla, non chiamarla". Oppure "Ti manca tuo padre, ne hai nostalgia? No, non darle retta, via, è finita". Dicevi che dovevo conservare la memoria ma senza ogni volta inseguire il passato: io ho sempre pensato che le due cose fossero inseparabili, mi hai aperto gli occhi. Così faccio con le case che ho abitato: non le guardo più le fotografie, che si secchino pure dentro gli armadi. Lasciar correre, lasciare indietro. Un suggerimento sensato, così facendo uno mette a posto il disordine delle stanze, ma si vive meglio in un ambiente in cui tutto è dove deve stare? A questa obiezione facevi spallucce, una finta di corpo - come quando giocavi mezz'ala e io al centro dell'area aspettavo il tuo cross per segnare - e uscivi dal bar. Forse pensavi Che testa di cazzo , ma con tenerezza, perché ma...
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