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Grande chef

Io volevo solo sapere se alla fine sarai lusingato dall'onore che ho reso a tutte le cose belle. Perché se sarai indifferente dimmelo subito, fammelo capire, così non perdo più tempo a chiamarti, la sera. Mia madre, mio padre, mia sorella, mia figlia, mia moglie, le ragazze farfalla, gli amici cui ho voluto bene, le amiche da cui sono a volte tentato - ecco le prime cose belle - le ho amate come ho potuto, al limite delle forze, e se sono davvero a tua immagine, beh, dovresti essere meglio di un divo del cinema. Mi hai dotato di curiosità, una curiosità severa, implacabile, ed è una facoltà che a volte pesa, fa smaniare, ma è fin troppo evidente come senza di lei non varrebbe la pena alzarsi dal letto. Io spero di averti dimostrato amore amando le intuizioni degli uomini - se per davvero gliele hai suggerite tu. Tutti quei libri tristi mi han cresciuto allegro, tutti quei film paurosi coraggioso, tutte quelle canzoni monumentali piccolo artista. Se ti invitano a un banchetto che fai? Non mangi? Ecco, io che mangio come un uccellino mi abbuffo della speranza fatua dei poeti, del loro cinismo, della combattività camuffata da rassegnazione. Te lo dico perché tu ci tieni al mio feedback, non raccontar balle: è il mio modo per onorarti. Certo che ho maledetto la vita, e ho maledetto te, però ti ho chiesto sempre scusa, come si fa tra gente che si parla senza etichette, e allora non stare qui a rinfacciarmelo. Le stagioni orribili, le singole ore disumane che ancora ogni tanto attraverso, rintoccano funebri, sono una tentazione perversa, intravedo sempre un gorgo, un salto da una qualche altezza feroce, come antidoto allo scempio. Ma non ho mai fatto portare indietro quel che hai cucinato, grande chef, l'ho sempre assaggiato, spesso apprezzato, qualche volta divorato, come uno squalo. Non conosco modo più nitido di questo, più sacro, per dimostrarti - disprezzandoti, non capendo ancora il senso del dolore - la mia devozione. 

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